
Ventotene, 4 gatti Dem. Il M5S marca la distanza e pure Schlein aveva da fare

Travolti da un insolito destino, la nuova versione. Con le bandiere arcobaleno in Piazza del Popolo, la voce grossa nei comizi e nei siparietti televisivi, i pianti e la rabbia a Montecitorio, la gita in traghetto a Ventotene in un sabato piovoso. Espedienti di giornata che non riescono a nascondere lo stato delle cose. A partire proprio dall’improvvisa traversata sull’isola organizzata dal Pd del Lazio. Dove spiccano più le assenze degli alleati, e soprattutto del M5S (oltre che di Azione), che ancora una volta disertano un’iniziativa promossa dai dem. Davanti alla tomba di Altiero Spinelli si incontrano Peppe Provenzano e Nicola Zingaretti con una delegazione di parlamentari democratici, gli alleati Riccardo Magi (Più Europa), Luciano Nobili (Italia Viva), Danilo Cosentino (Avs) e qualche decina di militanti. Giuseppe Conte («Non basta appellarsi a Ventotene, bisogna combattere sul terreno, concretamente») ed i suoi anche stavolta restano uccel di bosco. Così come la settimana scorsa non aderirono alla piazza convocata da Michele Serra. Attirandosi le ire dell’ex ministra Marianna Madia: «Non basta appellarsi a Ventotene, non basta appellarsi a nulla, è il momento dell'azione, è il momento di prendere decisioni e fare scelte importanti». Con tanto di stilettata finale: «Da questo punto di vista, penso che quello che non basta è fare come fa il Movimento 5 Stelle e come fa Conte».

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L’ex presidente del Consiglio continua ad andare per la sua strada, senza nessuna intenzione di correre incontro ad Elly Schlein. L’avvocato di Volturara Appula non ci pensa proprio: ha la sua rotta da tempo, sull’Ucraina e contro la Commissione, ed è deciso a non modificarla. È la segretaria del Pd caso mai ad inseguire, a spegnere sul nascere qualsiasi motivo di tensione. Come è successo per l’iniziativa "pacifista" promossa dai suoi sindaci di Bologna e di Firenze, Matteo Lepore e Sara Funaro, inizialmente prevista per il 5 aprile. Ovvero nello stesso giorno in cui i pentastellati hanno convocato la loro manifestazione. Immediato lo stop del Nazareno e la piazza dei due primi cittadini spostata per il giorno successivo. Il tentativo di assecondare la linea del M5S e di Alleanza Verdi Sinistra prevale su tutto, a costo di spaccare il Pd. Come sta succedendo a Bruxelles, un affannoso inseguimento che ha portato all’esplosione del Pd sul tema del riarmo europeo. E con un minoranza (nel Parlamento Europeo, non a Roma) decisa a vendere cara la sua pelle. Anche perché le posizioni della numero uno dei dissidenti, Pina Picierno, sono sovrapponibili a quelle del gruppo socialista. C’è poi il capitolo dei padri nobili: Romano Prodi e Paolo Gentiloni. Entrambi preoccupati dalla china che sta prendendo il Pd modello Elly Schlein.

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Spostato a sinistra, come mai è stato nella sua storia, e di fatto senza alleanze. O anche peggio, con compagni di viaggio che vogliono dettare il percorso. Un quadro di insieme sconfortante, il Nazareno diviso ed il resto del campo largo ancorato a posizioni "radicali". Il risultato è che il centrosinistra sulla politica internazionale è in frantumi, senza una bussola e senza possibili destinazioni in vista. Oltre al "salotto buono", nel campo largo in sala d’attesa c’è Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva ha rispolverato un antico motto della Democrazia Cristiana attribuito ad Alcide De Gasperi ma scritto da Giulio Andreotti: «Siamo un partito di centro che si muove verso sinistra». Difficile però immaginare un’area moderata "sfidante" in una coalizione in cui i primi attori sono Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni ed Angelo Bonelli. Insomma un confronto, anche dal punto di vista del peso elettorale dei singoli partiti, impari. A meno che non si acconcino a ruoli da comparsa. Travolti sì, più dal caos che dal destino.
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