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Il ritorno del Capitano di pace e di governo: così Salvini torna protagonista

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Edoardo Romagnoli
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Alla fine, nonostante tutti i rumors, Salvini sarà di nuovo confermato alla guida della Lega. D’altronde il partito fondato da Umberto Bossi nel 1989, come federazione di sei movimenti regionalisti nel nord Italia, e nel 1991 come partito veroe proprio, ha avuto tre segretari in tutta la sua storia. Umberto Bossi, Roberto Maroni e Matteo Salvini. E anche a Firenze, dove si terrà il congresso dal 5 e 6 aprile, non essendoci alternative in campo non è immaginabile un cambio al vertice. Eppure di tempo per trovare un’alternativa non si può dire che non c’era visto che l’ultimo congresso risale al 2017 quando la Lega presentava ancora la dicitura «nord» e nel simbolo aveva il sole delle Alpi. Ci sono due elementi per cui Salvini non è facilmente battibile: il primo, lo abbiamo detto, è che la Lega non ha, a differenza del Pd, una tradizione di segretaricidi. Il secondo è la nazionalizzazione di un partito a forte vocazione regionale. Salvini, che piaccia o meno, è riuscito a dare un’identità nazionale a un partito che ha sempre goduto e sofferto di una dimensione locale. Ed è anche grazie a quell’operazione se alle Europee del 2019 il Carroccio conquistò il 34,26% di voti, con oltre 9 milioni di voti, che rimane il miglior risultato elettorale della sua storia. Non solo.

 

 

L’ultima mossa del Capitano sul ReArm Europe è piaciuta ai suoi che non ne hanno fatto mistero. «Abbiamo portato Meloni sulle nostre posizioni» ripetono tra le fila del Carroccio. E mentre la premier torna a Roma dopo il Consiglio europeo, il vicepremier gioca d’anticipo e chiama J.D. Vance. «Abbiamo parlato di trasporti» dice Salvini che anticipa la notizia di una sua imminente visita negli States. Ma poi svela che fra i temi della chiamata c’è anche il piano di riarmo dell’Europa che per il leader della Lega «è una follia». Nessuno mette in discussione il segretario quindi, ma c’è una mozione. Quella di Alberto Stefani, il segretario regionale della Liga veneta, dal titolo «Futuro e identità». Un documento che chiede al segretario di riportare il Veneto al centro. Sei punti programmatici in cui viene ribadito l’impegno per la difesa dell’identità locale e tutti le battaglie «care» al partito: dall’Autonomia al Federalismo fiscale passando per la questione settentrionale, il buongoverno e la vicinanza ai territori.

 

 

A Firenze ci sarà anche il governatore del Veneto Luca Zaia che, al contrario di ciò che è stato scritto per giorni, sarà sia all’inaugurazione del Vinitaly (il 6 mattina) che al congresso. Parteciperanno oltre 400 delegati eletti dai militanti nei congressi regionali del partito. Ci saranno parlamentari ed europarlamentari, consiglieri regionali, ma ai lavori potranno assistere anche tutti i militanti e i simpatizzanti oltre agli amministratori. Fra i cronisti accreditati per seguire l’evento l’entusiasmo è pari a zero, il risultato della due giorni è già scritto e all’orizzonte non sembrano esserci possibili colpi di scena. E l’attenzione più che alla ricerca di un retroscena è spostata sulla scelta del ristorante in cui andare a mangiare il 6 sera.

 

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