
Anzaldi: «Non è la piazza della sinistra, Schlein in un Congresso andrebbe in minoranza»

L'ex parlamentare: «La segretaria deve innanzitutto ascoltare i suoi»
«Questa non è la piazza del Pd o della sinistra, ma di Repubblica, di Orfeo o meglio di chi ha organizzato una grande adunata. Come si può essere, d’altronde, contro l’Europa ai tempi di Schengen e della moneta unica. Schlein in un Congresso, rivolto solo agli iscritti, probabilmente andrebbe in minoranza, come già successo alla prima tornata delle primarie». A dirlo Michele Anzaldi, ex parlamentare del Pd.
Dopo il voto sulle armi, a suo parere, la segretaria Schlein è più debole?
«Non c’è stato un voto sugli armamenti, ma una risposta a una decisione folle e pericolosa come quella del presidente Trump, che praticamente decide di abbandonare il vecchio continente al proprio destino».
Qualcuno, intanto, già parla di congresso anticipato…
«Sono d’accordo con chi lo dice. Mi ritrovo con la posizione di Zanda. Non dimentichiamo che parliamo dell’unico consigliere Rai che ha avuto il coraggio di dimettersi perché non lo facevano lavorare, di chi ha avuto il coraggio di votare, sin dal principio, “no” al taglio dei parlamentari. Non è uno qualunque. Su tesi, che non hanno nulla a che vedere con le ideologie, dovrebbero ritrovarsi tutti».
Perché?
«Innanzitutto per un motivo politico. Critichiamo Meloni perché si isola in Europa e poi facciamo lo stesso all’interno del Pse, quello che dovrebbe essere il nostro punto di riferimento. Ha ragione Picierno quando dice che sul tema bisognava discutere e trovare una posizione univoca. In qualsiasi trattativa più mostri di avere le idee chiare, più hai speranze di ottenere qualcosa».
Quale è, invece, la strategia dei riformisti? Siamo di fronte a un piano per indebolire Schlein?
«Se avessero voluto indebolire la segretaria, lo avrebbero fatto su altri argomenti. Qui parliamo del futuro dei nostri figli».
Non è che Elly per andare troppo dietro a Conte è caduta in una sorta di trappola?
«A mio parere non dovrebbe andare dietro a nessuno. Il problema è che in questo caso la segretaria non è andata dietro al suo stesso partito. Non ha ascoltato i suoi, la sua vicepresidente al Parlamento europeo e i tanti che da anni si occupano di Europa».
Come si sarebbe dovuta comportare rispetto a tutta questa vicenda?
«Doveva fare almeno una riunione e capire, insieme agli altri, quale fosse la migliore scelta da prendere».
Il famoso campo largo, invece, è una strada ancora percorribile?
«Il campo largo, anche se nessun partito lo dice, fino a quando non cambierà l’attuale legge, è obbligatorio. Non se ne può fare a meno. Vale sia per la destra che per la sinistra».
Quante speranze, invece, ha ancora Schlein di essere l'anti-Meloni?
«Prima di tutto bisogna vincere le elezioni, poi bisogna vedere una serie di cose. Ha ragione Zanda quando dice che il centrosinistra dovrà puntare su un premier con più esperienza. Sbagliato dire che sarà il leader del primo partito della coalizione a occupare quel ruolo. Per essere credibili e allettare o addirittura convincere a votare quell’enorme partito degli astenuti c’è bisogno di figure stimate in Europa, del calibro di Draghi, Gentiloni o Prodi».
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