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Tajani all'attacco: "La democrazia si rispetta. Dico no alla guerriglia delle toghe"

Dario Martini
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]l caso Almasri, Meloni indagata, la rivolta di una parte della magistratura contro la riforma della giustizia. Ma anche le tensioni internazionali, con la tregua traballante in Palestina e il Congo in fiamme. Sono giorni caldi per il governo. Ne abbiamo parlato con il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Ministro, partiamo proprio da qui. La premier, due ministri e un sottosegretario indagati. Lei ha detto che le ricorda Berlusconi nel ’94. È davvero giustizia a orologeria?
«La decisione di inserire nel registro degli indagati presso il Tribunale dei Ministri il presidente del Consiglio - non si capisce perché - due ministri e un sottosegretario, arriva alla vigilia del dibattito in Parlamento sulla riforma della Giustizia. "A pensare male si fa sempre bene", diceva Andreotti. Non solo, arriva anche a pochi giorni dalla manifestazione di una parte dei magistrati contro la proposta di riforma del governo».
Si riferisce allo sciopero e alla protesta all’inaugurazione dell’anno giudiziario?
«Certo, non è da donne e uomini di Stato avere un atteggiamento del genere. Sono rimasto molto deluso e perplesso. Per fortuna non tutta la magistratura la pensa così, la grande maggioranza la pensa diversamente, mi riferisco a qui magistrati che lavorano e non fanno propaganda politica».
Le opposizioni sostengono che indagare Meloni era un atto dovuto...
«Secondo me no. Mi pare singolare che la magistratura intervenga da un punto di vista giudiziario su alcune scelte politiche del Governo, su sollecitazione di un avvocato che è notoriamente di sinistra (Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia con Prodi ndr). Pensare male è facile».
Ritiene che sia stato imbeccato da qualcuno?
«Non lo so, io giudico soltanto le cose che so. Magari si sarà imbeccato da solo, è schierato politicamente».
Come crede che andrà a finire con il Tribunale dei Ministri?
«Mi pare che sia assolutamente privo di fondamento giuridico ciò che sostiene il Procuratore Lo Voi. L’archiviazione sarà inevitabile».
La sinistra accusa il governo di non riferire in parlamento. Cosa risponde?
«Va ricordato che ha già riferito il ministro Piantedosi. Ma fare un dibattito il giorno dopo la decisione del Procuratore Lo Voi non sarebbe stato corretto. Il governo riferirà in tempi brevi. Chi travalica il proprio potere è il potere giudiziario. Perché al potere giudiziario non piace la riforma della Giustizia, non piace la separazione delle carriere, non piace l’abolizione delle correnti. Le leggi in democrazia le fa il Parlamento, che è espressione della volontà popolare. Noi abbiamo fatto una campagna elettorale chiedendo i voti per fare anche la riforma della Giustizia. Ci hanno premiato, abbiamo vinto le elezioni. Bisogna rispettare le regole della democrazia. Soprattutto devono farlo i servitori dello Stato. Non devono usare il loro potere per fare la guerriglia al governo, perché così si getta soltanto benzina sul fuoco, mentre serve invece collaborazione, dialogo, confronto. Però alcuni pensano solo ad impedirlo.
La liberazione e successiva espulsione di Almasri è stata dettata dalla ragion di Stato?
«Ricordiamo i fatti. Erano 12 giorni che girava per l’Europa. E guarda caso quando è entrato in Italia è arrivata la richiesta di arresto internazionale. Tra l’altro anche scritta male, con errori grammaticali, poi corretti. Erano una trentina di pagine, che andavano tradotte. Nel frattempo la magistratura lo ha scarcerato e il ministro dell’Interno ha deciso di espellerlo per ragioni di sicurezza, perché si tratta di una persona pericolosa. Così è stato accompagnato con un volo dello Stato». La Corte penale internazionale però dovrà spiegare perché ha fatto questa scelta. Una scelta che non è stata neanche presa all’unanimità».
Poche ore fa lei ha incontrato a Palazzo Chigi Meloni, Salvini e Piantedosi. Di cosa avete discusso?
«Abbiamo parlato dell’immigrazione. Finora abbiamo ottenuto buoni risultati, purtroppo c’è stato un incremento di partenze dalla Libia, mentre ne partono meno dalla Tunisia e dalla Siria. Però arrivano molti migranti da Bangladesh e Pakistan. Stiamo lavorando ad una strategia complessiva per frenare le migrazioni irregolari. Ormai è un tema che viene affrontato in tutta Europa. A riprova che stiamo lavorando bene, oggi Friedrich Merz, futuro Cancelliere, ha detto che il modello è l’Italia. Al tempo stesso cerchiamo di dare risposte alle imprese favorendo l’immigrazione regolare di donne e uomini che vengano a lavorare nel nostro Paese.
Ha citato Merz, proprio oggi al Bundestag è passata una mozione della Cdu sui migranti con il voto decisivo dell’AfD. Ritiene ancora impossibile un dialogo con questa forza politica?
«Noi non abbiamo alcun rapporto con l’AfD, questo voto non significa che si debba fare un accordo, è un partito che non sta neanche nei Patrioti. Le idee dell’AfD sono completamente differenti dalle nostre, noi siamo nel Ppe e non condivido assolutamente quello che dicono».
Oggi von der Layen ha presentato la «Bussola» sulla competitività, ma i Socialisti si sono dissociati. Significa che ci sono opportunità a destra?
«Il rapporto sulla competitività presentato dalla Commissione europea va nella giusta direzione, è quello che abbiamo chiesto anche noi di Forza Italia, lo abbiamo presentato alle imprese sabato scorso. Tra qualche settimana ne parleremo con il governo e i nostri alleati. Fortunatamente la seconda Commissione von der Leyen 2 è molto meglio della prima, anche oggi è prevalente la posizione del Ppe di cui facciamo parte».
Dialogherete con i Conservatori?
«È fondamentale. Il Ppe è il centro della politica in Europa, non può dialogare solo con i Socialisti, ma anche con Conservatori. Penso a grande questioni su cui ci possono essere convergenze, come il Green Deal, la politica ambientale, la lotta all’immigrazione regolare, ma anche la politica industriale e quella agricola».
Dobbiamo preoccuparci per i dazi di Trump?
«Non sappiamo neanche che cosa vogliono fare gli Stati Uniti. Siamo ancora alle dichiarazioni. Io credo che la soluzione sia sempre diplomatica. Possiamo investire di più negli Stati Uniti, internazionalizzare le nostre imprese, che non significa delocalizzare, ma avviare attività produttive anche negli Usa. Non credo che i dazi convengano nemmeno agli Stati Uniti, perché poi si rischia di creare inflazione. Con la precedente amministrazione trovai un accordo sull’esportazione di alcuni prodotti agroalimentari italiani, toscani e umbri, che erano bloccati negli Usa. L’export rappresenta il 40% del pil italiano. Noi oggi esportiamo per 626 miliardi, io vorrei arrivare a 700 entro la fine della legislatura. Dobbiamo collaborare di più con altri mercati, penso all’Indonesia, al Messico, al Vietnam. La riforma del Ministero che sto facendo prevede una direzione generale della crescita dove l’export sarà in primo piano».
Il ministro Daniela Santanchè, rinviata a giudizio, si deve dimettere?
«È una decisione del ministro Santanchè. Noi siamo garantisti, una persona è colpevole quando è condannata con sentenza definitiva in terzo grado. Poi le valutazioni politiche spettano a lei».
Il Congo è in fiamme. Cosa state facendo?
«La situazione è preoccupante. Abbiamo invitato tutti gli italiani che sono là alla massima prudenza. Chi può partire lo faccia. Ma l’ambasciata italiana è al sicuro. Lavoriamo affinché le controparti trovino un dialogo».
La tregua tra Israele e Hamas è in bilico?
«È molto fragile, ma noi stiamo lavorando perché si rinforzi e possa passare dalla prima fase alla seconda, poi alla terza, e così arrivare alla fine della guerra. Adesso è importante che ognuno rispetti i patti. Noi abbiamo deciso di partecipare insieme alla missione europea al controllo del Valico di Rafah. Ci saranno i nostri carabinieri insieme a gendarmi spagnoli e francesi. Qualora dovesse esserci una missione militare per garantire la riunificazione di Gaza e Cisgiordania e la pace siamo pronti a mandare un contingente italiano sotto la bandiera delle Nazioni Unite. Per aiutare la popolazione civile di Gaza io sarò al porto di Ashdod il 6 febbraio ad accogliere le navi italiane, i 15 tir che abbiamo offerto al Programma alimentare mondiale dell’Onu. E trasferiremo una trentina di bambini palestinesi malati oncologici a Roma e Torino».
 

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