tormenti democratici

Pd, altro che piazza: il partito di Elly Schlein è sempre più un bunker

Roberto Arditti

Di solito stare all’opposizione genera entusiasmo e voglia di rivincita: hai perso e c’è fermento in attesa del nuovo round. Invece al Pd di Elly Schlein accade il contrario: ha perso (non lei che è arrivata dopo) però c’è malumore, critiche dai toni aspri, frizioni locali esasperate. Diciamo la verità, oggi Meloni è senza opposizione. Non Renzi, che lotta sul ring ma sa perfettamente che il suo momento migliore è alle spalle. Non Conte che gestisce un movimento ormai suo, ma alla ricerca di una nuova anima: intanto incamera figuracce come quella sarda. Non la sinistra-sinistra, buona per i talk in TV ma senza un progetto spendibile.

 

  

Resta il PD, che però è quello di cui parla Luigi Zanda (intervista di Daniela Preziosi per il Domani), ascoltiamolo: «Anche il PD è diventato un partito del capo. Con un dibattito interno soffocato. Questo provoca disagio diffuso, che non si manifesta apertamente (...) Oggi il PD non è in partita. Per tornarci deve riprendere una discussione profonda sulla sua idea d’Italia e sul posto dell’Italia nel mondo». Smetto con le citazioni per non infierire, ma Zanda non è uno qualsiasi: già portavoce di Francesco Cossiga al Viminale, cinque legislature alle spalle, democristiano di sinistra dal pedigree impeccabile. Insomma Zanda è la punta di un iceberg che fa sempre più fatica a nascondersi, quello dell’area moderata e riformista del partito, quell’area che vince la competizione per la segreteria eleggendo Stefano Bonaccini, ma poi finisce asfaltata nei gazebo (!). D’altronde basta ascoltarlo questo PD a trazione Schlein su materie come l’immigrazione clandestina o fenomeni come la notte di Capodanno a Milano: non riuscendo a capire che la sicurezza è centrale per i ceti popolari, galleggia tra un distinguo e l’altro, scontentando un po’ tutti.

 

Poi ci sono brutte gatte da pelare come la situazione in Campania, dove si consuma uno scontro al calor bianco impersonato dal Governatore De Luca. Però è proprio la critica di Zanda che colpisce più duro, perché punta dritto al cuore di una presunta diversità che si sgretola sugli scogli della quotidianità: il partito del capo (cioè Schlein) non può vantare alcuna differenza “genetica” con la Lega, o Fratelli d’Italia, o il M5S, quella differenza spesso sbandierata ma poco praticata.

Insomma questo Pd alla ricerca di se stesso, così com’è assomiglia più ad un bunker che a una piazza, un luogo insomma dove circola poco, anzi pochissimo, ossigeno. E quindi lì non si respira: si vede bene anche da fuori.