De Luca contro il Pd: "Corro da solo e vinco". È il big bang democratico
A metà strada tra Crozza e Masaniello. Insomma, una figura semi mitologica, da film western minore, lo sceriffo "dimezzato", che ha intenzione di vendere cara la pelle, mezzogiorno di fuoco con vista sul Vesuvio. E di accompagnare la Campania ad un lungo contenzioso sul terzo mandato, sentieri di guerra. Senza dimenticare di mettere in piedi la sua riserva aurea: un nuovo partito, il mucchio selvaggio. Per continuare a dare le carte sotto mentite spoglie.
Lo show di Vincenzo De Luca il giorno dopo, immaginifico e velenoso, una tempesta di fulmini. Il governatore alla fine decide di non usare la carta delle dimissioni per anticipare il responso della Consulta, troppo rischioso e con alte probabilità di vedersi annullare tutto.
Giorgia Meloni, che alla fine ha impugnato la legge campana "Scurdámmoce 'o ppassato", lo costringe a sperare in un assist della Corte (che deciderà tra aprile e maggio). «Ci difenderemo davanti alla Corte costituzionale e abbiamo la sensazione che avverrà quello che è accaduto per la legge sull’autonomia differenziata: sarà smantellata. Andiamo avanti quindi con assoluta tranquillità», promette in conferenza stampa a Palazzo Santa Lucia.
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Ce l’ha con tutti in preda ad una vera e propria sindrome da viceré o come direbbe il suo interprete ufficiale (Crozza) "da padre ed anche da madre della Campania". «La legge è uguale per tutti tranne che per noi. Anzi tranne che per me», sibila il Governatore, che inserisce anche Sergio Mattarella nella lista degli incarichi infiniti.
Una riserva considerevole di fiele la riserva al suo partito, il Pd (citando Parmenide «essere è, non essere non è»), sapendo che l’addio ormai è prossimo: «Qualche mese fa si è candidato alla presidenza della Liguria un esponente politico che ha 5 mandati parlamentari e per tre volte è stato ministro: che ipocrisia». Il riferimento è ad Andrea Orlando, il leader della sinistra trasferito d’ufficio a Genova, ma ce n’è anche per Stefano Bonaccini.
Se Elly Schlein ormai è il passato, il Governatore pensa alla resistenza da organizzare nelle prossime settimane: «Utilizzeremo i mesi che abbiamo davanti per promuovere una grande esperienza democratica nel nostro paese: mesi di battaglia politica nazionale per ritrovare i contenuti della vita democratica», un vero e proprio “Up patriots to arms”.
Esperienza democratica quindi, la nuova scialuppa che il Presidente intende mettere in mare per proseguire la sua navigazione. E soprattutto per non disperdere la rete traversale di consenso che l’ex sindaco di Salerno ha costruito. Per continuare a contare in Campania, in prima persona se potrà, o comunque per far fallire le "feste" degli altri.
Soprattutto quella che il Nazareno sta predisponendo con il M5S: portare sull’altare il "disoccupato" di lusso, l’ex Presidente della Camera Roberto Fico o il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, o a mali estremi un civico. Sull’altro fronte, i nervi sono più distesi, se non altro perché la stagione dello sceriffo potrebbe finire presto. Lo dice a chiare lettere il coordinatore campano della Lega Gianpiero Zinzi: «L'unico che prende le decisioni ad personam qui è solo De Luca che per quasi dieci anni ha fatto il bello e il cattivo tempo, imboccando la strada del clientelismo che ha finito per premiare cacicchi e capibastone con l’unico obiettivo di accentrare tutto il potere su se stesso. La verità è che la bocca del governatore dice una cosa ma i nostri occhi ne vedono un’altra». Il centrodestra ha per ora tre possibili candidati, oltre a Zinzi, il coordinatore di Forza Italia Fulvio Martusciello, ed il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli per Fratelli d’Italia.
La partita sarà sospesa, almeno fino a primavera, quando la Corte Costituzionale si esprimerà sul ricorso del governo. Ovvero quando si determinerà il destino del ‘viceré’, in campo per strappare il terzo mandato, o sugli spalti per infierire contro le squadre in campo.