Cecilia Sala, il Pd ci mette il logo. La rosicata di Prodi e Salis ne approfitta
Una notizia bella, importante, tutt'altro che scontata. Che dovrebbe unire il Paese, almeno per una volta. Ed invece, incredibilmente, le forze di sinistra sono riusciti a trovare il modo di far polemica anche per la liberazione di Cecilia Sala. La rete ed i social, nel corso della mattinata di ieri, sono stati letteralmente presi d'assalto dai deputati e senatori. Non si contano i complimenti, gli attestati di stima e gratitudine a Giorgia Meloni, alla nostra intelligence, al lavoro delicato, tessuto in punti di piedi dalla diplomazia italiana. Una sequenza interminabile di elogi, dalla quale Avs ha voluto prendere le distanze. Per comprendere il livello assoluto di rosicamento della rive gauche della politica italianaè sufficiente leggere il post della magica coppia del gol, Nicola Fratoianni ed Angelo Bonelli: «Una buona notizia, finalmente!
Fin dal primo momento avevamo auspicato che la diplomazia e il governo del nostro Paese lavorassero per ottenere questo risultato. Grazie a tutti e a tutte coloro che hanno permesso laliberazione di Cecilia Sala dalle carceri del regime iraniano». Se si analizza il contenuto del messaggio, l'occhio cade al volo sulla quarta parola, «finalmente», un avverbio utilizzato per sminuire lo straordinario successo dei conservatori. Sia ben chiaro: trascorrere anche una sola ora in galera, da innocente, è inaccettabile. Ma in una situazione così delicata, che vedeva il coinvolgimento di Iran e Stati Uniti, in una partita molto complessa, aver riportato Cecilia a casa in venti giorni è un autentico trionfo. Surreale l'uscita di Ilaria Salis. Già nei giorni scorsi, la donna che considera l'occupazione di case altrui una forma di lotta politica e suo padre Roberto avevano scritto autentici sermoni sull'inviata in Iran. Nel bieco tentativo di riaccendere i riflettori su loro stessi. Ieri l'europarlamentare di Avs ha però superato il ridicolo. E sui social ha pubblicato un post davvero grottesco: «Una bellissima notizia: Cecilia Sala è stata finalmente liberata e sta tornando in Italia. Purtroppo, però, molte altre persone restano ingiustamente imprigionate nelle carceri di mezzo mondo, dall'Iran alla Palestina, fino al nostro paese. Libere tutte! Donna, vita, libertà».
Due osservazioni: non vi è nemmeno un accenno al sorprendente risultato dell'esecutivo di centrodestra e vengono confusi due tipi di detenzione, lontani anni luce tra loro. La giornalista italiana era in galera solo perché «colpevole» di aver svolto il proprio mestiere. Non si trovava in un istituto di pena perché pizzicata mentre picchiava degli estremisti di destra in Ungheria. Voler mettere tutte le donne incarcerate nello stesso calderone minimizza la drammatica condizione nella quale versava Cecilia Sala. Discutibile, e molto, anche la scelta del Pd. Sulla propria pagina Facebook, i dem hanno pubblicato una bella foto della reporter appena liberata, nella quale appare il logo del partito. A voler pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, come diceva Giulio Andreotti. Non serve un genio della deduzione logica per comprendere come quel simbolo sia inserito col subdolo (ma preciso) intento di intestarsi il trionfo diplomatico conseguito, al contrario, dal centrodestra.
Non va inoltre dimenticato come la mossa che ha reso possibile lo scacco matto finale sia stato indiscutibilmente il viaggio di Giorgia Meloni negli Stati Uniti. Il colloquio con Trump, nei giorni scorsi, è stata bistrattato da politici e intellettuali sinistri. Renzi in primis, che aveva sottolineato come il leader di Fdi fosse «volato in America da Trump invece che riferire in Parlamento». Il Manifesto, quotidiano da sempre vicino ai nipotini di Carlo Marx, in riferimento al viaggio a Mar-a-Lago, aveva sentenziato che «l’azione di Meloni scavalca a piedi pari gli sforzi che stanno portando avanti la Farnesina, i diplomatici e i servizi d’intelligence per riportare a casa Sala».
E che dire di Michele Santoro? Ospite da Giovanni Floris a Dimartedì, il nativo di Salerno ha sbraitato contro il Primo Ministro: «Sono indignato. La premier? Sembrava un cagnolino alla corte di Trump». Dulcis in fundo, Corrado Augias: «È stata una serata utile? Credo di no». E se c’è chi dice che la liberazione è da imputare agli Usa c’è Romano Prodi che accusa Meloni di non voler condividere i meriti. «Oggi è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni. Certamente c’è stato da Trump una specie di permesso o di tacito consenso». Della serie, non azzeccarne una. Mai. Manco per sbaglio.