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La Meta-morfosi. Da Zuckerberg a Elkann, la sinistra “no Trump” ora corre alla sua corte

Filippo Caleri
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Potere del denaro. Quello di far cambiare idea senza ripensamenti e rimorsi. E se anche James Russel Lowell affermava che solo gli stolti e i morti non cambiano mai le loro opinioni, suona strana, ma non tanto, la consequenzialità di due notizie che testimoniano una prova del riposizionamento del presidente di Exor, John Elkann, (nonché di Stellantis) sotto la curatela del tycoon dei social Mark Zuckerberg. Un’azione congiunta per arrivare con il cappello in mano e il capo riverso alla corte del vincitore delle elezioni Usa, Donald Trump. Così nella tarda serata di lunedì il fondatore di Facebook ha annunciato l’ingresso dell’erede degli Agnelli nel cda di Meta. «John è l’ad di Exor e presidente di due delle aziende di portafoglio auto di Exor, Stellantis e Ferrari. Ha una profonda esperienza nella gestione di grandi aziende globali e porta una prospettiva internazionale al nostro cda» ha detto. Testimoniando con le sue parole anche che le priorità del capo di Stellantis sono sempre più lontane dall’automotive, fatto ormai acclarato dai fatti più che dalle recenti roboanti dichiarazioni di incitamento ai suoi dipendenti.

 

 

Zuckeberg, infatti, ha spiegato che di auto nelle sue aziende si parlerà poco. «Abbiamo enormi opportunità davanti a noi nell’Ia, nei wearables e nel futuro dei social media, e il nostro cda (comprensivo di John, ndr) ci aiuterà a realizzare la nostra visione» ha spiegato Zuck. Insomma un pezzo della grande sinistra internazionale, composta non solo da lui, ma anche da Jeff Bezos (che non ha preso posizione nell’ultima contesa elettorale Usa diversamente dalla precedente quando mostrò il suo gradimento per Joe Biden) fino al simbolo della gauche al caviale planetaria targata Agnelli, John appunto, stanno «tornando tutti a Canossa» stesi sulle nevi di Washington, in attesa di perdono.

 

 

Come non leggere, infatti, un plateale dietrofront sulla politica di gestione delle fake news, cavallo di battaglia dei dem di tutto il mondo, nel video pubblicato ieri sul suo profilo, dove parla di un «ritorno alle origini». Sì, la decisione è rivoluzionaria. Anche per il patron di Facebook il mondo ora è al contrario: dopo aver criticato e contestato la libertà di espressione lasciata agli utenti di X da Elon Musk, aver etichettato gli odiatori di professione sulla tastiera del Pc come soldati dell’internazionale nera, la radicale decisione di Meta di abolire il fact-checking sulle sue piattaforme (Facebook e Instagram in primis) è l’ultima mossa dell’azienda, di certo la più clamorosa, per ingraziarsi Donald Trump. «Ci libereremo dei fact-checker che sono stati troppo schierati politicamente e hanno distrutto più fiducia di quanto ne abbiano creata, specialmente negli Stati Uniti», ha concluso Zuckerberg. Conclusione con citazione canora: «Come si cambia per non morire».

 

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