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Cecilia Sala, a papà Salis non basta la poltrona: "Meloni non mi ha chiamato"

Christian Campigli
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L’ingratitudine domanda senza pensare, riceve senza pudore e dimentica senza rimorsi. Una massima, quella resa immortale dallo scrittore francese Charles Pinot Duclos, che calza a pennello con l'ultima, surreale uscita di Roberto Salis, padre della primula rossa della sinistra italiana. Affidata, come da prassi, ai social (X e Facebook): «La Presidente Giorgia Meloni ieri ha ricevuto, dopo pochi giorni, i familiari di Cecilia Sala, è andata a prendere Chico Forti, un ergastolano, con volo di stato, a me non mi ha mai chiamato. Giusto per sottolineare la bassa statura da statista del nostro Presidente del Consiglio». Un messaggio che impone almeno tre osservazioni. La prima riguarda la siderale differenza nei motivi che hanno portato alla detenzione della figlia Ilaria e di Cecilia Sala.
Quest'ultima è stata arrestata senza alcuna colpa, se non quella di aver svolto, con precisione e professionalità, il proprio mestiere, quello del giornalista. La donna che incita ad occupare le case altrui, portata in Parlamento Europeo grazie alla coppia delle meraviglie di Avs, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, si trovava nelle patrie galere ungheresi perché accusata di aver picchiato un attivista di destra. E per quella violenza si stava celebrando, proprio a Budapest, un processo.

 

 

 

Ma vi è, se possibile, un aspetto che rende ancora più meschino il post di babbo Salis. Perché se Ilaria è stata trasferita in Italia è merito dell'intelligence italiana, della diplomazia del nostro Paese. E, soprattutto, delle eccellenti relazioni, anche personali, che Giorgia Meloni ha con il presidente magiaro, Viktor Orbán. Davvero squallido poi l'attacco personale a Chico Forti, una persona che ha scontato oltre venti anni di galera per un omicidio sul quale vi sono, ancora oggi, un numero pressoché sterminato di ombre. Ma babbo Salis, a caccia evidentemente di una nuova popolarità, nel pomeriggio di ieri ha pubblicato un secondo post. «La tragedia che sta vivendo Cecilia Sala e la sua famiglia ha per me un impatto emotivo devastante perché mi porta a ripercorre l’inferno che ho dovuto attraversare fino a poco tempo fa». La spasmodica ricerca delle luci della ribalta deve però essere una caratteristica di famiglia. Infatti anche Ilaria Salis ha pubblicato un interminabile post sul tema della giornalista incarcerata ingiustamente dal regime di Teheran. «Non posso fare a meno di ricordare il periodo in cui anch’io fui messa in isolamento in una prigione di un paese straniero, lontano da casa.

 

 

 

Le condizioni degradanti e pericolose in cui è detenuta Cecilia nel carcere di Evin a Teheran sono persino peggiori di quelle che ho vissuto a Budapest, e il solo pensiero mi dà i brividi. Nel mio caso, il sostegno di tantissime persone è stato fondamentale, indipendentemente dal fatto che condividessero o meno le mie posizioni politiche». Non soddisfatta, la quarantenne milanese ha continuato il proprio sermone: «È questo il modo giusto di agire: unirsi per combattere l’ingiustizia e difendere la dignità umana. Questa solidarietà non sminuisce – anzi rafforza – quella che dobbiamo a tutti i giornalisti e le persone cui viene tolta la libertà, che rischiano, e a volte pagano con la vita, per raccontare la verità. Dalla Palestina all’Iran, dalla Siria alla Turchia, fino all’Ucraina e alla Russia. Infine, è essenziale ricordare che la vicenda di Cecilia si inserisce in un contesto più ampio, quello dello straordinario movimento sociale Donna, Vita, Libertà, che continua a lottare con coraggio, indomito nonostante la feroce repressione. FreeCecilia, libere tutte».

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