per il Consiglio europeo

Meloni al Senato: Musk? "Non prendo ordini da nessuno". Scintille con Monti

Inizia scusandosi per la voce, non al massimo dopo il comizio ad alta intensità sul palco di Atreju e l'intervento dai toni altrettanto forti andato in scena ieri alla Camera dopo le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, ma alla fine anche al Senato Giorgia Meloni mette a dura prova le proprie corde vocali. In sede di replica la presidente del Consiglio si scontra con le opposizioni respingendo punto per punto le critiche mosse dai banchi dell'emiciclo di Palazzo Madama, a partire dal rapporto privilegiato con Elon Musk messo nel mirino in particolare dall'ex premier Mario Monti. "Ha detto che gli abbiamo dato un protettorato morale nel nostro Paese… Mi consenta una battuta, non so che film abbiate visto - afferma Meloni rivolgendosi al senatore -. Abbiamo visto per tanti anni leader italiani che pensavano che, quando avevano un buon rapporto o anche un'amicizia con un leader straniero, dovevano eseguire pedissequamente quello che dicevano gli altri. Io questo non lo penso".

 

  

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"Posso essere amica di Elon Musk, avere buoni rapporti con tanta gente, ma non prendo ordini da nessuno! Sono una persona libera", mette in chiaro la premier facendo notare che il tema di Musk "si è posto all'indomani del suo sostegno alla candidatura di Trump. Finché Musk sosteneva il Pd, nessuno ha detto una parola e, se lo avesse sostenuto anche in queste elezioni, nessuno avrebbe detto una parola". "Io non consento ingerenze a nessuno, guardo sempre e solo l'interesse nazionale" ribadisce quindi Meloni, attaccando ancora i dem: "Sentire, in questo dibattito, che anche voi siete diventati sovranisti e che quindi difendete la sovranità nazionale dalle ingerenze straniere mi rende felice e la considero una grandissima impresa di Musk, anche più di quella di essere arrivato sulla Luna".

In tema di rapporti, poi, la premier torna anche su quello col presidente argentino Javier Milei su sollecitazione di Matteo Renzi a proposito della posizione dell'Italia sull'accordo Ue-Mercosur. "Non è stare con Milei o stare con Coldiretti. La voglio tranquillizzare, nel dubbio: io sto sempre con l'Italia" spiega Meloni, tirando una stoccata al leader di Iv: "Lei era amico di Barack Obama e si metteva il cappotto come Barack Obama, io sono amica di Milei, ma non mi faccio crescere le basette". Renzi resta poi il bersaglio di un'altra risposta, stavolta legata alla Commissione europea e alla nomina di Raffale Fitto. "Temo che le sia sfuggito un elemento fondamentale della differenza tra la posizione della Lega e quella delle opposizioni: la Lega vota per Fitto e non vota la Commissione" mentre "le delegazioni del Pse danno mandato di scrivere una lettera a Ursula von der Leyen nella quale si dice che Fitto non deve avere la vicepresidenza. C'è una differenza e molto importante, perché noi, da una parte, abbiamo un partito che difende il commissario italiano pur contestando la Commissione e, dall'altra, abbiamo un partito che difende la Commissione e contesta il ruolo del commissario italiano". Sul complicato iter che ha portato alla nomina di Fitto, peraltro, Meloni attacca ancora il partito della segretaria Elly Schlein dopo l'intervento del senatore dem Alessandro Alfieri: "Gli italiani sappiano che avete consentito che il commissario italiano, vicepresidente della Commissione, indicato dall'Italia, fosse preso a ostaggio per garantire l'elezione di un commissario spagnolo. Questo è un atteggiamento molto diverso da quello che ha avuto la Lega".

 

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La voce della premier torna ad alzarsi anche quando le opposizioni rumoreggiano sul dossier Caivano. "Penso che ogni tanto uno debba riconoscere quello che abbiamo fatto. È inutile che fate 'ooh', siamo stati noi a buttare fuori 36 camorristi dalle case occupate della povera gente - attacca -. E quindi 'ooh ooh', quando uno non l'ha fatto prima di noi, anche no! Perché stavano lì da qualche anno i camorristi, e nessuno se n'era accorto". Le scintille finali sono con i senatori del M5s, a cui la presidente del Consiglio rinfaccia le spese per il superbonus e poi, "con aplomb e garbo molto istituzionale", ricorda che è "ingeneroso accusare di essere servo delle lobby delle banche chi ha raccolto 3,6 miliardi di euro nella legge di bilancio per coprire il taglio del cuneo fiscale". Sono gli ultimi scambi in un clima che Meloni ammette essersi via via "un po' deteriorato" e quindi, conclude, "desidero ugualmente approfittare per augurare a voi e alle vostre famiglie buon Natale e un 2025 migliore del 2024 per tutti noi e per la nostra Nazione".