Manovra, maratona per via libera. Manca accordo ma verso fiducia in Aula
Un muro contro muro che rallenta il cammino della manovra. Quando è stato esaminato meno della metà del fascicolo di emendamenti, la conferenza dei capigruppo prende atto che non c'è accordo su nulla, nemmeno sui tempi da darsi per terminare l'esame. Le opposizioni respingono la proposta del presidente della Camera Lorenzo Fontana di chiudere l'esame entro domattina, prima dell'intervento alla Camera della premier Giorgia Meloni sul Consiglio Europeo, per poi portare il testo mercoledì. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani tira le somme: "La riunione della capigruppo serviva per stabilire un cronoprogramma teorico. Non c'è perché non c'è l'unanimità". Ma la maggioranza punta ad andare in Aula entro mercoledì, per poi chiudere i lavori, ricorrendo alla fiducia, entro venerdì 20 dicembre. In questo modo ci sarebbero i tempi tecnici per chiudere anche in Senato prima di Natale. Lo conferma il presidente Ignazio La Russa: "Abbiamo previsto addirittura il 21, che è sabato" ma, sottolinea, "non si può escludere che dovremmo tornare, non c'è nulla di strano, tanti lavoratori lavorano il 27 e il 28. Se il Senato dovrà restare aperto, sarà aperto".
In giornata arriva l'ok a microinterventi. All'unanimità la commissione vota per dotare il fondo per il Reddito di libertà in favore l'indipendenza economica delle donne vittime di violenza. Un milione per ausili e protesi per l'attività lo sport dei disabili, fondi per il registro dei tumori, le farmacie dei servizi. Non passa invece stop alle consegne dei rider con le allerta meteo. Bocciato l'emendamento unitario, a prima firma della segretaria del Pd Elly Schlein, che prevedeva un finanziamento aggiuntivo per il Sistema sanitario nazionale di 5,5 miliardi per il prossimo anno. "Le risorse che non state mettendo voi le stanno mettendo gli italiani", ha ammonito la maggioranza Schlein intervenendo nel dibattito in commissione.
Ma a rallentare il cammino della manovra non è solo quello che per l'opposizioni ci dovrebbe essere e non c'è, ma anche quello che vogliono non entri nel testo. Come l'emendamento dei relatori che parifica lo stipendio dei ministri 'tecnici' a quello dei colleghi eletti e allo stesso tempo vieta ai membri del governo, ai parlamentari ed europarlamentari di percepire compensi fuori dell'Ue. Prima del voto è il titolare della Difesa Guido Crosetto, tra i ministri non parlamentari, ad annunciare che "abbiamo chiesto ai relatori di ritirare" l'emendamento "ed evitare inutili polemiche". Per poi aggiungere: "Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto".
Non solo. Le opposizioni contestano anche quelli sulle concessioni elettriche e autostradali, perché il tema è stato introdotto ex novo, e non è stato affrontato nel ciclo di audizioni. Anche se su quest'ultimo punto il governo ha acconsentito a una riflessione. Il voto entrerà nel vivo nella notte, quando saranno sul tavolo le proposte dei relatori, nei sei emendamenti derivati dallo spacchettamento del cosiddetto mini-maxiemendamento, tra cui la cosiddetta Ires premiale, la norma sulla Naspi in caso di dimissioni con finalità anti-elusiva, 20 milioni di risorse supplementari per l'editoria.