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Meloni, Make Italy Great Again: quanto vale il patto con Trump
«She is great». Donald Trump sintetizza in tre parole il suo incontro con Giorgia Meloni a Parigi. In una intervista al New York Post il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America ha raccontato: «Sono stato molto con lei. È piena di energia, ti dirò. È fantastica». Parole a cui ha replicato la premier sui social: «È stata una piacevole occasione di dialogo quella di questa sera all’Eliseo con Donald J. Trump ed Elon Musk». I due si sono già dati appuntamento il 20 gennaio a Washington per la cerimonia di insediamento del 47° presidente Usa. Lasciando da parte le «smancerie diplomatiche» per capire da dove nasce l’intesa fra i due leader bisogna fare un passo indietro. Fin dall’inizio dell’avventura politica del tycoon l’Italia è l’unico Paese europeo «Trump friendly», come l’ha definito il governatore del Veneto Luca Zaia. Mentre il Vecchio Continente tifava, in maggioranza, per Kamala Harris cercando di convincere e convincersi che fosse a un passo dalla vittoria, Meloni ha mantenuto una linea prudente (a differenza del 2020 quando disse: «Da patriota italiano spero possa vincere Trump»). D’altronde quattro anni fa era all’opposizione e non avrebbe dovuto intrattenere relazioni con gli Usa in caso i repubblicani ne fossero usciti sconfitti; circostanza che invece si sarebbe presentato oggi.
Una relazione che si struttura su tre livelli. I rapporti quotidiani fra l’Ambasciata italiana e l’amministrazione Usa e viceversa. Il rapporto diretto fra il Consigliere diplomatico di Giorgia Meloni e il Consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump. E, non per ultimo, la relazione diretta Meloni-Trump. Senza dimenticare anche l’intesa fra il segretario di Stato, fresco di nomina, Marco Rubio e il nostro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. A un livello inferiore, ma non per questo meno importante ci sono le reti di soft power: le imprese, le organizzazioni culturali, le associazioni e i think tank. Network che alimentano positivamente il rapporto di amicizia e di business fra Roma e Washington. Canali solidi che permettono di stringere ancora di più la relazione transatlantica fra i due Paesi, costringendo Germania e Francia a una rincorsa affannata per recuperare terreno. C’è di più.
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In questo momento si prospetta uno scenario inedito. Per la prima volta un presidente del Consiglio italiano si pone come interlocutore non solo dell’Italia ma dell’intera Unione europea. Non è un caso che Antonio Tajani dopo aver parlato con Giorgia Meloni del suo incontro con il presidente Usa ha sottolineato come il ruolo dell’Italia nell’immediato sia quello di «cerniera tra l’Europa e la nuova amministrazione americana». Il colloquio «è stato molto positivo. Io credo che la nuova amministrazione americana guardi con grande attenzione all’Italia, che può veramente essere l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti e quindi parlare anche a nome dell’Europa. Quindi un’Italia che torna ad essere protagonista anche nelle relazioni transatlantiche».
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