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Meloni, Make Italy Great Again: quanto vale il patto con Trump

Edoardo Romagnoli
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«She is great». Donald Trump sintetizza in tre parole il suo incontro con Giorgia Meloni a Parigi. In una intervista al New York Post il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America ha raccontato: «Sono stato molto con lei. È piena di energia, ti dirò. È fantastica». Parole a cui ha replicato la premier sui social: «È stata una piacevole occasione di dialogo quella di questa sera all’Eliseo con Donald J. Trump ed Elon Musk». I due si sono già dati appuntamento il 20 gennaio a Washington per la cerimonia di insediamento del 47° presidente Usa. Lasciando da parte le «smancerie diplomatiche» per capire da dove nasce l’intesa fra i due leader bisogna fare un passo indietro. Fin dall’inizio dell’avventura politica del tycoon l’Italia è l’unico Paese europeo «Trump friendly», come l’ha definito il governatore del Veneto Luca Zaia. Mentre il Vecchio Continente tifava, in maggioranza, per Kamala Harris cercando di convincere e convincersi che fosse a un passo dalla vittoria, Meloni ha mantenuto una linea prudente (a differenza del 2020 quando disse: «Da patriota italiano spero possa vincere Trump»). D’altronde quattro anni fa era all’opposizione e non avrebbe dovuto intrattenere relazioni con gli Usa in caso i repubblicani ne fossero usciti sconfitti; circostanza che invece si sarebbe presentato oggi.

 

 

Una relazione che si struttura su tre livelli. I rapporti quotidiani fra l’Ambasciata italiana e l’amministrazione Usa e viceversa. Il rapporto diretto fra il Consigliere diplomatico di Giorgia Meloni e il Consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump. E, non per ultimo, la relazione diretta Meloni-Trump. Senza dimenticare anche l’intesa fra il segretario di Stato, fresco di nomina, Marco Rubio e il nostro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. A un livello inferiore, ma non per questo meno importante ci sono le reti di soft power: le imprese, le organizzazioni culturali, le associazioni e i think tank. Network che alimentano positivamente il rapporto di amicizia e di business fra Roma e Washington. Canali solidi che permettono di stringere ancora di più la relazione transatlantica fra i due Paesi, costringendo Germania e Francia a una rincorsa affannata per recuperare terreno. C’è di più.

 

 

In questo momento si prospetta uno scenario inedito. Per la prima volta un presidente del Consiglio italiano si pone come interlocutore non solo dell’Italia ma dell’intera Unione europea. Non è un caso che Antonio Tajani dopo aver parlato con Giorgia Meloni del suo incontro con il presidente Usa ha sottolineato come il ruolo dell’Italia nell’immediato sia quello di «cerniera tra l’Europa e la nuova amministrazione americana». Il colloquio «è stato molto positivo. Io credo che la nuova amministrazione americana guardi con grande attenzione all’Italia, che può veramente essere l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti e quindi parlare anche a nome dell’Europa. Quindi un’Italia che torna ad essere protagonista anche nelle relazioni transatlantiche».

 

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