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Elkann, il piano per l'Italia: 4,8 miliardi di incentivi con l'aiuto di Conte e Schlein

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Filippo Caleri
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Dopo i silenzi sulla crisi di Stellantis, Schlein e Conte, hanno eseguito gli ordini del partito di Repubblica e degli Elkann: scippare al governo il dossier della crisi dell’automotive. Per questo a più riprese si sono presentati ai cancelli di Pomigliano d’Arco, una delle fabbriche più rappresentative del grupo nel Meridione, per chiedere interventi a favore dell’automotive. Una strategia molto chiara, altro che operai e tutela dei posti di lavoro, il Pd targato Schlein in particolare la classe operaia non sa più nemmeno cosa sia. L’intento è un altro ed è più sottile. Aiutare John Elkann a continuare a fare cassa per pagare i dividendi alla sua famiglia. Che è oggi più numerosa che mai perché le azioni della cassaforte di famiglia Exor sono ormai parcellizzate tra decine di famiglie blasonate. Famiglie ricche di beni e patrimoni da mantenere e che ogni anno bussano alla porta di John per chiedere cedole più copiose che possibile.

 

 

 

Così in quattro anni la società della famiglia torinese, che detiene il 14,9% della casa automobilistica, ha incassato quasi tre miliardi di dividendi. Un compito, quello di assicurare flussi di denaro agli azionisti, portato pienamente a termine dall’ad uscente Carlos Tavares, che si è invece curato delle strategie industriali e del prodotto alle prese con una transizione spinosa. Così diminuita la possibilità di ottenere margini industriali adeguati a pompare denaro nei portafogli degli Agnelli, causa crisi del settore, la prima mossa è stata quella di defenestrare l’ad portoghese che non aveva mai creato una relazione stretta con la politica e i sindacati italiani. Tutt’altro, il manager è stato sempre molto urticante quando si è trovato a dover rispondere dell’abbandono da parte della società del sistema produttivo italiano. Il secondo step del piano prevedeva, ed è cosa di questi giorni l’intervento dei partiti e dei leader più affini alle sensibilità e alle istanze dei poteri forti: Pd e M5S contiano in particolare. Che, caso strano, dopo mesi di silenzi, ha riscoperto che le famiglie di molti dipendenti dei siti italiani, filiera compresa, rischiano di passare un brutto Natale.

 

 

 

Così è iniziata la passerella, la presenza davanti ai cancelli, l’attacco all’inerzia del governo che in realtà sul dossier sta profondendo energie con il ministro Urso, e con la richiesta ultima di tornare indietro sul taglio del fondo per l’automotive di 4,6 miliardi. Una manna per l’azienda ex Fiat che per anni sulle spalle dei contribuenti italiani ha socializzato le perdite e provatizzato i profitti. In tempi di crisi quale migliore posto per tornare a produrre se non l’Italia, visto che buona parte della dote sarà incassata da Stellantis che in cambio rimetterà il nostro Paese al centro della strategia produttiva. Tutti felici dunque, l’opposizione tornata in prima pagina, l’Italia che recupererà il terreno perduto nella transizione energetica ed Elkann che grazie ai contribuenti italiani potrà continuare a puntare a lauti dividendi. L’unico a piangere sarà Pantalone, l’unico a pagare.

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