Antimafia, il patatrac della grillina Ascari. "Brucia" il pentito Avola pur di difendere Scarpinato
Pur di difendere a spada tratta Roberto Scarpinato, i 5 Stelle lanciano accuse di mafia su imprenditori incensurati e fanno saltare perfino le coperture del collaboratore di giustizia. Protagonista delle rivelazioni sull'azienda che ha assunto Maurizio Avola, il pentito della strage di via D'Amelio, è stata la pentastellata Stefania Ascari, durante l'audizione a Palazzo San Macuto di Michele Santoro, il giornalista che ha raccolto le dichiarazioni di Avola e che, durante il suo intervento, si era rivolto direttamente a Scarpinato, sottolineando che «bisognava accertare i fatti e invece si è scelto di demolire l'attendibilità del collaboratore di giustizia, fino a negare la partecipazione dei catanesi al disegno stragista». E a tentare diminare ancor più l'attendibilità di Avola, ci ha pensato la Ascari, con una domanda carica di insinuazioni. «Dagli atti in possesso di questa Commissione, risulta che Maurizio Avola, il 10 gennaio 2020, fu scarcerato definitivamente, che il 20 gennaio 2020 fu assunto dalla società Eds Infrastrutture Spa di Sebastiano Buglisi e che il 31 gennaio 2020, per la prima volta, riferì alla magistratura la sua asserita partecipazione e di altri esponenti della famiglia catanese di Cosa nostra nella strage di via D'Amelio», Questo il preambolo della grillina, che fa nomi della ditta dove lavora il pentito, senza minimamente considerare di poter mettere in pericolo l'incolumità di un collaboratore di giustizia.
Dossier, De Raho e i "silenzi" su Striano. Cantone lo convoca in Procura
Ma c'è di più. Perché Ascari ha chiesto a Santoro: «Lei ha mai conosciuto l'imprenditore che assunse Maurizio Avola? Sa sei dipendenti dello stesso imprenditore, Giovanni Rao e Eugenio Barresi, tra il 1987 e il 1990 furono i capi della mafia barcellonese? Èin grado di riferire se Avola pretese di essere assunto prima di rendere quelle dichiarazioni ai magistrati di Caltanissetta?». Una domanda che ha fatto saltare dalla sedia il giornalista: «Beh, continuiamo a fornire molti dettagli su quello che fa Avola». E ancora: «Lei dice che è una fabbrica di mafiosi? La fabbrica è mafiosa? È fatta di capitali mafiosi? Se non è fatta di capitali mafiosi queste insinuazioni sono anche gravi, perché si rivolgono nei confronti di un imprenditore che sta facendo il suo lavoro e nei confronti di ex detenuti che adesso stanno facendo un'attività di recupero». Santoro ora ha scritto una lettera alla Ascari, invitandola a «chiedere scusa a chi di dovere» e, in caso contrario, chiedendo alla presidente della Commissione, Chiara Colosimo, di «rimettere le cose a posto». Perché Avola ha fatto quelle dichiarazioni molto prima di essere scarcerato, né ha negoziato alcun posto di lavoro. «Dal verbale di udienza del 19 febbraio 2019 risulta infatti che, in data antecedente, la società EdS Infrastrutture aveva dichiarato per iscritto la disponibilità all’assunzione e a concedere la consueta sistemazione alloggiativa garantita ai dipendenti impiegati in cantieri fuori sede», scrive Santoro.
"La magistratura? Deve essere rifondata", la ricetta di Gasparri
«Avola sapeva, dunque, quasi due anni prima che avrebbe lavorato nell’’impresa dove è stato regolarmente assunto dieci giorni dopo la sua definitiva scarcerazione per fine pena (10 Gennaio 2020)», aggiunge. «Ma molto più gravi sono le insinuazioni suggeritele sulla presunta mafiosità della impresa», precisa Santoro, sottolineando come l'ad della società, il Cavalier Sebastiano Buglisi, ha ricevuto «il riconoscimento dello status di vittima di attività estorsiva mafiosa», avendo denunciato l'estorsione nei suoi cantieri, e la Eds «risulta a tutt’oggi nella cosiddetta “White List”, ossia una certificazione assimilata ad una “liberatoria antimafia” rilasciata dalla prefettura competente, e dispone del rating di legalità col massimo punteggio rilasciato nel febbraio 2024». Quindi «Avola svolge la sua attività lavorativa in una società con i massimi riconoscimenti in punto di affidabilità e legalità». Una fake news anche quella dei dipendenti capimafia: Rao non ha mai avuto condanne per mafia prima del 2015 e Barresi è morto da incensurato nel 2001.