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Ue, il Pd rosica per Fitto e ora rinnega von der Leyen. “Il voto non è scontato”

Mira Brunello
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Un po’ quello che succede quando un amore finisce all’improvviso e si comincia a litigare sulla restituzione dei regali. In pratica la fase: «Non voglio più avere niente a che fare con te». Così alla fine la luna di miele tra Ursula von der Leyen ed il Pd di Elly Schlein è durata pochissimo. Poi è subentrata la diffidenza, che nel giro di poche settimane ha lasciato il posto ad astio vero e proprio, insomma «non so più chi sei, non ti riconosco più». La lite è esplosa a partire dalla designazione dell’ex ministro Raffaele Fitto, come nuovo vicepresidente esecutivo della commissione. Una scelta, quella della Presidente Ue, che ha riempito di dolore il Nazareno, a lungo indeciso su come comportarsi durante le audizioni. Convinto poi a non fare sgambetti dall’area riformista, come ha rivendicato il senatore Alessandro Alfieri, che si è fatta valere («inaudito votare contro un rappresentante italiano»). Con Elly Schlein in verità molto pensierosa sul da farsi, tentata dalla posizione ben più barricadiera assunta dal partito di Melenchon. Strascichi che d’altra parte si sono fatti sentire anche durante la plenaria di novembre, quando il Parlamento Europeo è stato chiamato a votare l’esecutivo della Presidente Ue. E due eurodeputati della delegazione dem si sono palesemente astenuti: Cecilia Strada e Marco Tarquinio. In pratica la coppia di indipendenti che interpreta ciò che Elly non può permettersi di fare, non proprio fuori linea.

 

 

Ora siamo alla resa dei conti, insomma Cupido si è del tutto allontanato. Ha cominciato, da prassi, la segretaria del Pd durante i lavori della direzione: «Resta la preoccupazione che questa Commissione sia spostata a destra rispetto alla scorsa. Intendiamo misurarla su ogni proposta che farà. Non la sentiamo come nostra. È giusto che parta ma noi non daremo per scontati i nostri voti». Un messaggio che ieri ha rilanciato il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia: «La Commissione von der Leyen non è certamente progressista né tantomeno nostra e il maldestro tentativo del Ppe e del suo Presidente Manfred Weber di teorizzare l'allargamento della maggioranza in Europa ai conservatori di destra si è rivelato un buco nell’acqua, ottenendo addirittura meno voti. La von der Leyen dovrebbe chiedersi se ne è valsa la pena».

 

 

Già, perché nel cuore infranto tra Ursula ed Elly, ad un certo punto spunta l’ombra di un altro. Nella fattispecie il suggeritore «perfido» della storia: il Presidente del Ppe, il belga Manfred Weber, reo di aver fatto avvicinare la von der Leyen a Giorgia Meloni, ovvero alla temibile destra europea, che pure avanza in tutta Europa. Quindi la presenza del rappresentante italiano ed il profilo «inquietante» della Presidente del Consiglio: un carico troppo pesante per il Pd. Che per di più è sotto schiaffo anche per il pressing degli alleati: M5S ed Avs (compreso l’eurodeputato Ignazio Marino che in un primo tempo era stato conteggiato tra i favorevoli) che hanno votato contro Ursula bis. Insomma i titoli di coda, c’eravamo tanto amati.

 

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