M5s, i Conte non tornano. Gli ex onorevoli: "Ridateci i soldi versati"
«Ridateci i nostri soldi». È l’appello lanciato da alcuni ex deputati e senatori 5 Stelle. Secondo fonti interne al Movimento, una pattuglia di onorevoli ribelli, dopo aver letto del misterioso “tesoretto” messo da parte da Conte, di cui non si conosce l’entità, avrebbe richiesto i contributi mensili, versati ai tempi di Montecitorio e Palazzo Madama. La regola non scritta nei 5 Stelle, secondo quanto riferiscono alcuni eletti, prevede che ogni portavoce debba lasciare alle casse del partito circa 2mila euro dello stipendio. Non ci sono carte a documentarlo, ma tale modus operandi sembra essere stato applicato sin dal primo giorno in cui quelli, che una volta erano i grillini, sono entrati del palazzo. Non tutti hanno rispettato tale regola o l’hanno fatto in parte, non essendoci un obbligo legale, ma piuttosto hanno effettuato delle importanti e libere donazioni, il cui ammontare è tuttora sconosciuto. Il gioco, però, si sarebbe rotto nell’ultima assemblea, ovvero quanto è stato votato il superamento del doppio mandato.
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In tale frangente, infatti, sarebbero stati garantiti pochi, vedi Crimi, Grillo e Taverna, mentre sarebbero stato abbandonati al proprio destino "tanti" altri, che dopo non essere stati rieletti nel 2022, a causa della vittoria della destra di Meloni, hanno dovuto trovare un lavoro o inventarselo. Non c’è nulla di strano in tutto ciò. Un partito che s’attesta sul dieci per cento certamente non può permettersi le poltrone dei tempi d’oro del Vaffa, né ha la possibilità di trattarle con gli alleati. Motivo per cui si sono dovute fare delle scelte, che ovviamente propendono verso la riconferma del cerchio magico e di quei "vecchi infedeli", che abbandonando Grillo, hanno consentitola svoltavoluta dall’attuale vertice. I cosiddetti “dimenticati”, intanto, non vogliono accettare un destino amaro e sapendo di non poter contare più su quell’Elevatoche li ha sempre tutelati, si starebbero organizzando per un’azione, si vocifera a livello legale.
Un problema, dunque, per Conte, che non solo deve far quadrare i conti relativi all’ultima convention, costata non qualche spicciolo (si vocifera di oltre 10mila euro per la sola accoglienza), ma deve riferire con i dissidenti rispetto a quelle entrate, avute in seguito al due per mille, di cui non si conosce ancora l’entità. Soltanto nel 2023 c’erano nelle casse dei gialli quasi due milioni di euro. Come sono stati spesi tutti questi soldi? «Se Conte – dicono i ribelli – vuole cambiare tutto, ci spieghi come intende utilizzare le risorse accumulate, anche grazie ai nostri sacrifici e alle donazioni di chi ha sposatola causa. Abbiamo finanziato un qualcosa di diverso dall’ennesimo partitino di sinistra». Lo stesso Grillo, d’altronde, come riferiscono i suoi legali, non sarebbe disposto a rinunciare al salvadanaio pentastellato, diventato pesante pure grazie al suo nome e al suo sogno di cambiamento.
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Ecco perché, dicono dalla sede romana, Conte, a parte le uscite per incentivare i militanti al voto e far saltare l’astensione, che porterebbe all’ennesimo rinvio perla modifica da lui immaginata, si sarebbe chiuso nelle sue stanze per fare conti, proprio come il miglior padre di famiglia che, pur di salvaguardare la famiglia o gli sfizi di qualche figliuolo onorevole viveur, deve tirare la cinghia. Qualcuno avrebbe sentito qualche suo fedelissimo dire: «Non era meglio spendere 300mila euro per quel Garante, che ora fa la vittima e non scatenare l’ira di un popolo di senza lavoro, che adesso ha il pretesto per alzare la voce, non sapendo tra l’altro neanche di poter contare su un fondocassa, che sarà conteso fino all’ultimo giorno o peggio sarà bloccato da chi pensava che gli apparteneva di diritto».