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Governo, sgambetti su canone Rai e sanità. Ma alla crisi crede solo Schlein

Luigi Frasca
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«Sono incapaci di governare il Paese, troppo presi a litigare tra di loro» Elly Schlein gongola per la notizia che arriva dal Senato alle 10 del mattino e testimonia come nel centrodestra non ci sia affatto quella «piena condivisione di vedute» riportata nella nota diffusa dopo il vertice andato in scena domenica sera a casa della premier Giorgia Meloni. La maggioranza infatti si spacca e il governo va sotto nella commissione Bilancio di Palazzo Madama sull’emendamento presentato dalla Lega al decreto fiscale per la riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro anche per il 2025. La proposta di modifica, che aveva il parere favorevole di relatore e governo, viene infatti bocciata con 10 voti favorevoli e 12 contrari. A votare sì Fratelli d'Italia e Lega, mentre Forza Italia si unisce al no delle opposizioni che votano in modo compatto.

 

 

Dopo nemmeno mezz’ora fonti di palazzo Chigi mettono nero su bianco l’irritazione della presidente del Consiglio spiegando che «l’inciampo della maggioranza sul tema del taglio del canone Rai non giova a nessuno» in un momento in cui «il Governo è fortemente impegnato nel sostegno a famiglie e imprese, operando sempre in un quadro di credibilità e serietà». «Per quanto mi riguarda non c’è nessun inciampo» è però la replica a stretto giro del vicepremier e segretario di FI Antonio Tajani che, prima di accogliere Meloni alla conferenza "Rome Med Dialogues" con una veloce stretta di mano, chiarisce la posizione del partito che guida: «Lo abbiamo detto fin dall’inizio che eravamo contrari, siamo stati coerenti. È un emendamento della Lega, non un impegno di governo. Ci sono legittime iniziative, per carità, ma non è che siamo obbligati a sostenere iniziative che non sono state decise dal Consiglio dei ministri». Insomma nessuna retromarcia, anche se assicura «la maggioranza è coesa, figuriamoci se posso essere contro la stabilità, se posso avere una posizione che fa traballare il governo».

 

 

E anche Meloni prima di intervenire alla conferenza organizzata dal Ministero degli Esteri e dall’Ispi - proprio mentre al Senato la maggioranza finisce di nuovo sotto in commissione Bilancio stavolta su un emendamento di FI dove risulta decisiva per la bocciatura l’astensione della Lega - cerca di minimizzare l’accaduto: «Sono schermaglie, non ci vedo niente di particolarmente serio. Dopodiché mentre ci occupiamo di un cessate il fuoco in Libano, e riusciamo ad ottenerlo, penso che pure il canone della Rai lo possiamo risolvere...». A caratterizzare la giornata c’è anche il giallo sul parere favorevole dato dal governo all’emendamento sulla Rai. Secondo quanto filtra da fonti parlamentari del partito di via della Scrofa l’ok sarebbe infatti arrivato «per errore» perché l’indicazione politica arrivata ieri sera alla sottosegretaria al Mef, Lucia Albano (FdI), era quella di rimettersi al voto della commissione. Secondo FI tuttavia il cortocircuito è stato con Lega, che avrebbe dovuto togliere l’emendamento dalla contesa. Da Matteo Salvini però non arriva nessuna indicazione di ingranare la marcia indietro. Anzi, il segretario leghista a sera lancia la stoccata: «Anche l’amico SIlvio Berlusconi riteneva che il canone Rai fosse una tassa, una gabella su cui riflettere e da limare. La cosa curiosa è che si è votato oggi quel che il governo e la maggioranza avevano già votato l’anno scorso. Perché quest’anno la stessa roba non va bene?».

 

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