M5S, rivolta contro Conte: “Venduti, siete come il Pd”. La rifondazione finisce a insulti e spintoni
«Venduti, venduti. Dimissioni. Siete come il Pd». Sono le parole con cui si apre “Nova”, la due giorni voluta da Conte per dare il via al suo nuovo Movimento 5 Stelle di governo, alleato fedele del Pd di Elly Schlein e antitesi di quel “Vaffa”, che un tempo, ormai lontano, si proponeva di aprire il palazzo come una scatoletta di tonno. Ecco perché, a parte l’entusiasmo di facciata, i pullman di adepti organizzati dai vari onorevoli, il Palazzo dei Congressi finisce col diventare il simbolo di una scissione, annunciata da mesi. La sala della convention, d’altronde, è la dimostrazione plastica di una forza ormai spaccata in due. Se sulle poltroncine, disposte a cerchio intorno al pulpito da cui interviene il leader, ci sono deputati, consiglieri regionali e sindaci, compresi figli, parenti e portaborse vari, andando verso l’esterno della sala abbondano i ribelli, quelli che hanno dovuto ingoiare il rospo. Una divisione che emerge ancora di più quando irrompono i “figli delle stelle”, i cosiddetti “Grillo boys”. Questi, dopo aver gridato «trasparenza, trasparenza» per una votazione e un cambiamento che, a loro parere, sarebbe stato pilotato, ricevono fischi e insulti. Qualcuno dice addirittura di essere stato spintonato. Non è bastato neanche un invito dell’ex premier «a lasciare esprimere tutti» per fermare gli ultras del gotha, gli "yes man" che, pur di farsi notare, se la prendono con chi ha invitato la base a non votare i cambiamenti prospettati dal legale di Volturara Appula, compreso il superamento del doppio mandato e del Garante.
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Un possibile intervento a sorpresa di quest’ultimo, d’altronde, fa più notizia dei vari panel, organizzati nel primo giorno di rassegna. Non passa inosservata neanche l’assenza di Toninelli e Raggi, così come la presenza di Fico, Crimi e Taverna, quelli della prima ora, che a parere del popolo dei gazebo, si sarebbero venduti per «un quinquennio in più a Montecitorio, un posto in Regione o uno stipendio in qualche partecipata». Accuse ovviamente rispedite al mittente. Paolona di Roma, la vice di Conte, ad esempio, sostiene «lei è al mandato zero» e dunque ha tutto il diritto a riproporsi. L’ex presidente della Camera, invece, definisce i suoi ex compagni una «minoranza» e spiega come il cambiamento prospettato serva a «realizzare obiettivi politici», come spodestare un tale Vincenzo De Luca in Campania. Una cosa è certa, il processo costituente di Conte, a parte le stelle rimpicciolite, sembra essere tutt’altro che partecipato e sentito a quelle latitudini: «Nessun dibattito - sostengono i ribelli in un volantino -. Nemmeno ai tavoli, dove sono state consegnate le domande e le relative risposte da barrare con una crocetta, come se si trattasse di una prova Invalsi. Nessun controllo sulle azioni della società che gestisce tutto, tanto che neppure ai 300 tavoli possono dire se i risultati, appena annunciati, siano veritieri o no».
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Un giallo, ad esempio, è quello sui 70mila iscritti, cancellati all’ultimo secondo per consentire il superamento del quorum, ovvero il numero di elettori necessario affinché la votazione fosse valida. Accuse, però, su cui non si ritrova Giuseppe Conte, secondo cui «il processo costituente è stato assolutamente partecipato e regolare. Abbiamo aperto anche a persone che hanno tentato di contestare e delegittimare sin dall’inizio. Lo avevamo previsto. È fisiologico. Se ci sono 90mila persone che discutono, ci possono essere anche coloro che la pensano diversamente». Il problema è che quei “ragazzacci”, come li ha descritti qualche portavoce, pure se apparsi minoranza in una platea costruita a tavolino, non lo saranno presto sul web o sulle moderne piattaforme social. Anzi, potranno essere la voce di un antisistema, che in Grillo trovava un indiscusso megafono e che adesso, senza il Garante, può andare ovunque. Le urla dei figli delle stelle, d’altronde, sono più di un semplice monito: «Avete dimenticato tutto - tuonano i dissidenti -. Siamo nati tra i banchetti, per strada e oggi ci portano in teatro. Siete come il Pd».