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Fitto vice di Ursula, Pd in tilt: Elly vuole il no, Gentiloni frena

Aldo Torchiaro
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Il voto per la nuova Commissione europea sarà ratificato nella prossima plenaria a Strasburgo il 27 novembre. Mercoledì. Ma già dall’inizio della settimana, l’iter di avvicinamento alla prova dell’aula vedrà Ursula von der Leyen impegnata nell’ultimo giro di consultazioni con i gruppi del nuovo Parlamento europeo. Insisterà soprattutto con gli indecisi, come i Verdi, e con i tre gruppi teoricamente in maggioranza, al fine di scongiurare eventuali brutte sorprese. Il giro di valzer di Von der Leyen inizierà con i co -presidenti del gruppo dei Verdi europei al Parlamento europeo, Terry Reintke e Bas Eickhout. La Presidente in pectore incontrerà anche i leader dei tre gruppi di maggioranza, Ppe, S&d e Renew. Da loro si attende solo la conferma che le tensioni sul caso della socialista Ribera da parte dei popolari spagnoli possono ritenersi risolte. E che da parte dei dem italiani non ci saranno imboscate sul nome di Raffaele Fitto. Data la notoria tendenza a dividersi del Pd, è probabile che sia sul comportamento del gruppo S&D che Ursula voglia vederci chiaro.

 

 

 

Nell’ala schleiniana si è insinuata la tentazione di procedere senza troppi riguardi, e pur di colpire la maggioranza italiana potrebbe ritenersi accettabile un “danno accidentale” a quella europea. Non è di questo avviso la Vicepresidente del Parlamento europeo, la dem Pina Picierno. E non lo trova profittevole nemmeno Paolo Gentiloni, che in questi giorni dismette le vesti dell’euroburocrate per tornare a dire la sua al Nazareno. Proprio oggi il Commissario uscente sarà impegnato in un primo ritorno politico: in una iniziativa firmata da Libertà Eguale a Livorno, Paolo Gentiloni dialogherà con i neo parlamentari europei Dario Nardella, Giorgio Gori e altri esponenti dell’ala riformista. L’ex sindaco di Firenze, Nardella, rileva che il gruppo S&D e la delegazione italiana si ritengono «sodi sfatti» del raggiungimento del patto politico con i popolari del Ppe e i liberali di Renew per la nomina dei commissari, pur preventivando una «legislatura molto sfidante». Sullo sfondo dell’incontro di Livorno, la necessità di fornire all’Europa – conformemente alle indicazioni di Mario Draghi – una forza, una identità e una capacità decisionale e reattiva fino ad oggi rimaste precluse. Però è chiaro che l’agenda detta i tempi, e oggi non si può che partire dall’appoggio a Von der Leyen, dal voto di mercoledì. Se il ministro Fitto, nei panni del Commissario alle Riforme e Coesione, divide il Pd, non mancano i suoi sostenitori.

 

 

 

«Fitto è una scelta del governo italiano, non è che lo potevamo scegliere noi: ma non è né un sovranista né un antieuropeista», dichiara a suo sostegno Antonio Decaro, eurodeputato Pd che di Fitto è stato un avversario nelle tornate elettorali in Puglia. Lo sottolinea: «Sto parlando di un mio avversario politico, anche territoriale, però nessuno può dire che sia fascista o che non conosca la materia dei fondi strutturali. È stato presidente di Regione, li ha gestiti direttamente, ed è stato ministro alla Coesione e ha gestito la distribuzione delle risorse», dice Decaro con un inatteso endorsement. L’ex sindaco di Bari ricostruisce come il gruppo Socialisti & Democratici abbia avuto sentore di un possibile cambio di maggioranza: «Violando un accordo, il Ppe ha presentato degli emendamenti sulla deforestazione, votandoli con l’estrema destra, anche con i Patrioti. A quel punto – ricostruisce Decaro – il gruppo dei Socialisti gli ha detto: se volete cambiare maggioranza vi fate la vostra Commissione e noi non la votiamo». Poi con un documento i gruppi che hanno sostenuto Ursula von der Leyen hanno chiarito qual è il perimetro della maggioranza. La crisi dovrebbe essere rientrata, dunque. 

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