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Fitto in audizione da europeista ma è rinvio sui voti. Meloni contro il Pd

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"Non sono qui per rappresentare un partito politico o uno Stato membro ma per affermare il mio impegno verso l'Ue". Nell'audizione al Parlamento europeo si presenta nella sua veste più europeista Raffaele Fitto, vicepresidente designato della Commissione europea, con delega alla Coesione, alle riforme e al Pnrr. In oltre tre ore di audizione risponde a tutte le domande dei membri della commissione Sviluppo regionale, cerca di distaccarsi il più possibile dall'estrazione di Fratelli d'Italia o del governo italiano, afferma di non voler entrare in polemiche politiche nazionali, e di impegnarsi fermamente nella difesa dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali sanciti nei Trattati Ue. Ribatte alle accuse della sinistra che menziona il maschilismo, il fascismo e le politiche anti-migranti, invitando gli avversari a un dialogo costruttivo all'insegna del rispetto delle opinioni altrui. In uno stile genuinamente democristiano, inclusivo e non conflittuale, schiva gli attacchi e si presenta come responsabile e competente.

 

 

Se Fitto supera con successo l'audizione nei contenuti, lo scoglio è tutto politico. I coordinatori dei gruppi politici decidono infatti di rinviare "a data da definire" il giudizio non solo su di lui ma su tutti i sei vicepresidenti. È il gioco dei veti incrociati con i commissari di ciascun schieramento (popolare, socialista o liberale) tenuto in ostaggio dagli schieramenti avversari. Stallo che potrebbe potrarsi fino a mercoledì ma anche oltre e che si somma al giudizio sospeso sul commissario ungherese Oliver Varhelyi. Se dai Verdi arriva un secco no a Fitto, che dice sì al Green Deal ma che invoca flessibilità, i socialisti e liberali si dicono contrari non a Fitto in quanto persona ma al ruolo di vicepresidente esecutivo affidato a un esponente dei conservatori di Ecr che non fa parte della maggioranza che a giugno ha votato Ursula von der Leyen. Lo stallo potrebbe far parte di una strategia mirata a portare a casa la ridefinizione dei portafogli dei commissari, indebolendo Fitto e Varhelyi e provando a rafforzare i propri. Ma la crisi potrebbe essere più ampia. Per il Pd il giudizio su Fitto sarà nel solco del gruppo dei Socialisti, dove è in atto un accesso dibattito tra la componente spagnola - della stessa presidente Iratxe Garcìa Pèrez - che vuole difendere la sua vicepresidente Teresa Ribera anche dagli attacchi dei popolari iberici - in dissenso con il Ppe - e quella italiana che non vuole rinunciare alla sua vocazione di forza responsabile verso il candidato italiano.

 

 

I dem distinguono il piano del giudizio a Fitto da quello sull'intera Commissione che è "sull'assetto politico della Commissione" sui cui i socialisti hanno "fatto presente forti perplessità sull'attribuzione di una vicepresidenza a un esponente di Ecr che non ha votato von der Leyen a luglio", spiega Dario Nardella. Sul tentennare del Pd è intervenuta anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. "Trovo inconcepibile che alcuni esponenti del PD chiedano adesso di togliere al commissario italiano designato la vicepresidenza esecutiva - afferma -. Vorrei sapere dalla segretaria del PD se questa è la sua posizione ufficiale: sottrarre all'Italia una posizione apicale per impedirle di avere una maggiore influenza anche su settori chiave". La notizia di oggi è anche che la delegazione di Fratelli d'Italia voterà a favore della nuova Commissione quando si presenterà al voto in plenaria (inizialmente previsto per fine novembre) e non potrebbe fare altrimenti visto che un loro esponente - Fitto - sarà uno dei suoi vicepresidenti, ha annunciato il capodelegazione Carlo Fidanza. I socialisti e il Pd chiedono che von der Leyen dia segnali già prima del voto su Fitto. E oggi la presidente della Commissione si è precipitata al Parlamento europeo per parlare con i gruppi. "L'equilibrio nella maggioranza sta saltando" e si rischia che con il rischio che possa slittare anche alla prossima settimana. Quello che chiediamo è chiarezza da parte di von der Leyen sul fatto che la maggioranza sia europeista e non si sia allargata a destra", riferisce a LaPresse una fonte qualificata del gruppo. Non solo: "L'elezione di Trump ha cambiato anche lo scenario, rendendo necessaria chiarezza anche sulla prossima Commissione europea".

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