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Cgil quanto ci costi. Scoppia il caso della Sprecopoli Landini sui patronati

Gaetano Mineo
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Doppio conteggio delle pratiche, riutilizzo dei nominativi negli anni successivi, il tutto per incassare più soldi pubblici. A ciò si aggiungono procedure errate e sedi non a norma, che aggravano ulteriormente la situazione. Un sistema a dir poco opaco, quello dei patronati all’estero. Enti nati per assistere i nostri connazionali nelle pratiche burocratiche (domanda di pensione, puntamento per il passaporto, certificato di esistenza in vita) ma che mostrano come il loro scopo sociale sia spesso compromesso da procedimenti poco trasparenti e, in alcuni casi, da un vero e proprio uso distorto dei fondi pubblici. Per non parlare di alcuni patronati che sono diventati una macchina da profitto. Ad accendere i riflettori su questo sottobosco è la trasmissione di Massimo Giletti, "Lo stato delle cose", in onda domani alle 21.20 su Raitre. Una dettagliata inchiesta, a firma del giornalista Alessio Lasta, mette a nudo una serie di irregolarità, con documenti esclusivi, che minano l’integrità di questo sistema.

 

 

Una premessa è d’obbligo, per meglio capire: i patronati sono enti di diritto privato, senza scopo di lucro, riconosciuti dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e vengono gestiti dai sindacati. Il finanziamento di questi enti, ammonta, per legge, allo 0,199% dei contributi previdenziali versati dagli italiani all’Inps. In soldoni, parliamo di 486,6 milioni di euro, esattamente l’importo stanziato dal ministero per l’anno in corso. In sostanza, quasi mezzo miliardo l’anno di soldi pubblici. Il calcolo dei finanziamenti per ogni patronato è semplice: per ogni pratica l’ente riceve un punteggio. Più pratiche fai più punteggio ottieni e più soldi pubblici ricevi. Le telecamere di Giletti hanno raccolto testimonianze di persone che hanno lavorato nei patronati Inca Cgil di New York, e incredibili dati inediti delle ispezioni racconteranno un sistema denunciato anche da un dossier depositato al Senato nel 2016 e mai preso in considerazione da ben 4 ministri del Lavoro (Giuliano Poletti, Luigi Di Maio, Nunzia Catalfo e Andrea Orlando), prima dell’attuale Marina Elvira Calderone. Particolarmente critico è proprio il caso dell’Inca Cgil di New York. Documenti esclusivi hanno evidenziato pratiche scorrette, come la richiesta di pagamenti per servizi gratuiti, tra cui 200 dollari per un certificato di esistenza in vita e 150 dollari per appuntamenti passaporto. Ex dipendenti hanno confermato le pressioni a cui venivano sottoposti per chiedere denaro agli utenti, in contrasto con quanto previsto dalle convenzioni.

 

 

Alcuni raccontano, inoltre, di richieste di pensione ripresentate per la stessa persona a distanza di anni. Il dossier del Comitato per le questioni degli italiani all’estero, depositato in Senato, otto anni fa, parla di «verbali di collocazione, che riportano tutte le attività dichiarate dai patronati e verificate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, evidenziano che solamente negli anni e nelle sedi dove c’è stata un’ispezione vi è stata una riduzione, a volte consistente, del punteggio». E sì, perché come rimarca lo stesso documento di 70 pagine, «il sistema ispettivo previsto dalla normativa vigente appare inadeguato... Interventi, probabilmente, spesso preannunciati alle sedi estere». Ad esempio, l’Argentina, paese con una vasta comunità italiana, non è stata ispezionata dal 2012 al 2023. Gli Stati Uniti hanno visto un intervallo di otto anni tra le ispezioni, l’ultima fatta anche lo scorso anno. Se poi ricordiamo che sono circa 480 i patronati dislocati su più di 20 paesi, l’ispezione rischia di diventare un miraggio. L’Inca Cgil, ad esempio, ha 99 sedi in 26 paesi diversi. «L’assenza di controlli ispettivi – afferma Lasta, autore dell’inchiesta di Raitre - trasformerebbe il patronato in una mera macchina da business, compromettendo l'assistenza ai cittadini, soprattutto a quelli più fragili, come gli italiani residenti all'estero».

 

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