Stellantis, il no di Elkann fa infuriare il Parlamento. Meloni: "Mancanza di rispetto"
Il Parlamento non ci sta. Poche ore dopo il rifiuto del presidente di Stellantis, John Elkann, di presentarsi davanti alla commissione della Camera, adducendo come motivazione il fatto di non avere "nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato" lo scorso 11 ottobre, tutto l’arco politico insorge. A partire dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che a Porta a Porta sottolinea come "John Elkann non ha detto solo di no, ha detto ’No perché aspetto il tavolo del governo'. Temo che a Elkann sfuggano i fondamentali della Repubblica italiana, una non esclude l’altra, noi siamo una Repubblica parlamentare e questa mancanza di rispetto per il Parlamento me la sarei evitata. Noi abbiamo fatto diversi tavoli con Stellantis, ma non hanno portato agli accordi di sviluppo".
"Nulla da aggiungere", schiaffo di Elkann che se ne infischia del Parlamento
E la premier aggiunge: "Quando il governo mette dei soldi, sono soldi degli italiani, che si possono spendere se questi ultimi ne traggono beneficio. Il 70% delle risorse per gli incentivi sono servite a comprare auto non prodotte in Italia, anche questa e una riflessione da fare, fermo restando che dovrebbe andare ad ascoltare quello che il Parlamento ha da chiedergli". Una "vergognosa offesa alle istituzioni" la definisce la Lega, sottolineando come la presenza di Elkann "è un obbligo, non solo morale, per rendere conto al Paese di una gestione scellerata nonostante gli enormi contributi pubblici".
L'audizione in Parlamento è "necessaria", la replica della Commissione a Elkann
E i toni non cambiano spostandosi dalla parte dell’opposizione, con la segretaria Pd Elly Schlein che sottolinea come "occorre stigmatizzare l’atteggiamento" di Elkann e il leader di Azione Carlo Calenda che lo definisce addirittura un "grave sgarbo istituzionale". "Inaccettabile" il modo di rivolgersi al Parlamento per Nicola Fratoianni di Avs, un "atto di arroganza e di offesa a un’istituzione democratica" per il collega Angelo Bonelli. E va ancora oltre il leader dei Pentastellati, Giuseppe Conte, che non percepisce "nessuna reale strategia imprenditoriale, nessun piano industriale concreto, nessun rispetto degli impegni presi» e vede all’orizzonte «un declino ormai irreversibile del settore automotive".