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Becciu e il palazzo di Londra: ecco le motivazioni della sentenza

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Sono state depositate ieri presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano le motivazioni della sentenza relativa al procedimento per le condotte illecite relative al cosiddetto "palazzo di Londra" e per numerosi altri reati. Lo fa sapere la Sala stampa del Vaticano. Si tratta della sentenza di primo grado nei confronti di dieci imputati tra i quali il card. Angelo Becciu, condannato a 5 anni e 6 mesi. Nel corso del processo per il caso della compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra, il cardinal Angelo Becciu ha riconosciuto "di essere stato lui a proporre all’Ufficio l’Operazione Angola in base alla sua pregressa conoscenza ed amicizia con l’imprenditore Mosquito", l’operazione cioè che ha dato il via alla vicenda. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza che ha chiuso il processo contro il porporato ed una serie di altre persone, fisiche e giuridiche. Lo stesso cardinale ha riconosciuto che "non c’era mai stato prima l’affidamento di una somma così ingente ad un solo soggetto".

 

 

 

Nella sentenza si osserva anche che non "poteva certo sfuggire ad una persona dall’esperienza e delle capacità riconosciute all’allora Sostituto Becciu" chi fosse Raffaele Mincione, una delle figure principali della faccenda, sia per informazioni di stampa, sia per le notizie raccolte dalla Gendarmeria vaticana che aveva sconsigliato di mettersi in affari con lui. "Resta poi inspiegabile il fatto che nessuno dei pubblici ufficiali coinvolti in questa grave vicenda abbia almeno tentato, una volta chiusa definitivamente l’operazione Falcon Oil, di chiudere il rapporto con Mincione uscendo dal Fondo GOF". Sempre per quanto riguarda Becciu, "a nulla rileva che egli non abbia inteso agire con finalità di lucro, nè che non abbia conseguito alcun vantaggio". Le normative vigenti richiedono infatti una amministrazione "prudente, volta innanzitutto alla conservazione del patrimonio, anche quando cerca di accrescerlo, valutando le occasioni di guadagno pur se parametrate ad una eventuale e comunque contenuta possibilità di perdita". "Alla stregua di questi parametri", si legge ancora nelle motivazioni, l’investimento nel fondo gestito da Raffaele Mincione "costituisce certamente un 'uso illecito' di quei beni pubblici ecclesiastici di cui l’allora Sostituto Becciu aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio e dei quali ben conosceva la natura e, conseguentemente, i correlati limiti legali di impiego".

 

 

La sentenza emanata nel dicembre 2023, al termine di 86 udienze di dibattimento, ha condannato quasi tutti gli imputati per alcuni reati assolvendoli per altri: il cardinale Giovanni Angelo Becciu e Raffaele Mincione erano stati riconosciuti colpevoli di peculato; Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio; Gianluigi Torzi e Nicola Squillace per truffa aggravata e Torzi anche per estorsione in concorso con Fabrizio Tirabassi, lo stesso Tirabassi per autoriciclaggio. Becciu e Cecilia Marogna erano stati ritenuti colpevoli di truffa aggravata. Le motivazioni rispondono anche alle accuse, mosse più volte nel corso del dibattimento, secondo le quali le modalità di svolgimento del processo non rispondevano a criteri di equità. "Nella convinzione che il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale ed anche, per quanto possibile, per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi, ha sempre cercato, sfruttando al massimo gli spazi lasciati all’interprete dal quadro normativo vigente, di adottare interpretazioni e prassi operative che garantissero l’effettività del contraddittorio, assicurando il più ampio spazio alle parti, e in specie alle Difese", si sottolinea.

 

 

I rapporti tra il cardinale Becciu e Cecilia Marogna "erano del tutto amichevoli, se non di vera e propria familiarità, con la Marogna anche dopo che egli ha saputo che aveva speso i soldi della Segreteria di Stato per scopi personali e voluttuari e perfino dopo che, con la citazione a giudizio (1 ° luglio 2021) ed il conseguente deposito degli atti, egli aveva avuto la prova documentale di quelle spese». Lo si legge nelle motivazioni della sentenza relativa al ’palazzo di Londra' depositate in Vaticano. Quello che rileva in questa sede è evidentemente il fatto che essi dimostrano che il Cardinale ha continuato ad avere rapporti del tutto amichevoli Anzi, i rapporti sono continuati inalterati anche dopo che la Marogna, nell’intervista televisiva a Report, aveva affermato che il Cardinale le chiedeva di fare "dossieraggio sulla vita di alti prelati". Di fronte ad una accusa di tale gravità, l’imputato si preoccupa solo di avvisare la Marogna che mi spiace ma sono costretto a smentirti pubblicamente", si legge ancora nella sentenza.  

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