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Bonelli e Schlein, così la sinistra prova a spegnere il caso delle toghe rosse

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Christian Campigli
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Uno dei pilastri della democrazia. Fondamentale per l’andamento corretto di una nazione, per la sicurezza dei cittadini, per il rispetto delle regole, per la politica e, non ultima, per l’economia. Il ruolo di prim’ordine della magistratura è un punto imprescindibile per qualsiasi governante. Un concetto banale, quasi superfluo da sottolineare. Per molti, ma evidentemente (come recitava un fortunato slogan pubblicitario di qualche anno fa) non per tutti. Uno di quelli che ha deciso di giocare con le parole, per sollevare un po’ di polverone politico, è stato Angelo Bonelli. Il leader di Avs che, insieme a Nicola Fratoianni, ha regalato all’Italia prima Aboubakar Soumahoro, poi Ilaria Salis. L’uomo che raccoglieva i sassi sui bordi del fiume Adige è intervenuto ieri sul caso dell'anno. «Non vi è dubbio alcuno che quanto emerso dall’inchiesta della Procura di Milano sugli accessi illegali una sorta di centro di dossieraggio e acquisizione di informazioni illecite - rappresenti un problema serio per la democrazia».

 

 

 

«Il governo, che dispone di tutti gli strumenti necessari poiché controlla i servizi segreti e la polizia, deve intervenire per garantire la sicurezza dello Stato e la sua inviolabilità. Dico grazie alla magistratura, dovrebbero farlo tutti, che con la sua inchiesta ha scoperto le gravissime attività illecite di acquisizione di dati da parte di ex funzionari infedeli dello Stato. La magistratura anche in questo caso ha assunto una funzione fondamentale a difesa della nostra democrazia. Il governo non può intervenire, come ha dichiarato oggi il vicepremier Tajani annunciando la riduzione delle intercettazioni a disposizione dei magistrati perché vanno contrastate quelle illegali non quelle che servono per fermare la mafia e la corruzione». Ma non basta. Bonelli, in una sorta di delirio dialettico, ha palesato la surreale convinzione di poter dire all’esecutivo cosa fare e cosa evitare. «Il governo non può ignorare che la riduzione delle intercettazioni a disposizione dell’autorità giudiziaria introdotta dalla riforma della giustizia agevola un atteggiamento passivo, se non negligente, di fronte alla forte permeabilità dello Stato agli accessi illegali. Siamo tutti concordi che il dossieraggio e quanto accaduto a Milano rappresentino un problema per la democrazia. Il governo, però, smetta di fare la vittima: ha gli strumenti normativi e operativi per intervenire. Gli attacchi alla magistratura di queste settimane da parte del governo dimostrano che hanno sbagliato obiettivo: dobbiamo tutti difendere lo Stato e tutti i suoi organi da azioni illegali».

 

 

 

Uno degli aspetti più grotteschi dell'uscita del leader di Avs non è tanto la difesa aprioristica della magistratura. Ma il non voler comprendere che certe prese di posizioni del centrodestra, sono frutto di cadute di stile (vedi, la mail nella quale si parla del «pericolo Meloni», resa nota in esclusiva dal nostro quotidiano) di una piccola parte dei porporati. Mele marce che, proprio per la centralità del loro ruolo, della delicatezza di un compito tanto gravoso, non possono restare al proprio posto. Impunite. Certo, sarebbe piaciuto a molti leggere la stessa veemenza usata ieri da Bonelli quando è scoppiato il caso dossier. Ma in quel caso, visto che le intercettazioni riguardavano membri dei conservatori, l’uomo che ha presentato mille e più esposti è rimasto in religioso silenzio. «La sottrazione dei dati dal Sistema del Viminale, quello a cui dovrebbero attingere esclusivamente le forze dell’ordine, è un fatto di una gravità assoluta–ha sottolineato il deputato del Pd, Matteo Mauri - Si tratta di dati della massima sensibilità, il cui uso illegittimo può minare le libertà personali, il funzionamento delle istituzioni e la sicurezza nazionale. Dalle prime reazioni del governo non sembra che ci sia la piena consapevolezza della gravità dell’accaduto».

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