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Riforma della Giustizia, ora anche l'Europa vuole fermarla

Gaetano Mineo
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Anche l'Associazione europea dei giudici (Eaj) si è unita al coro italiano di critiche contro la riforma della separazione delle carriere in magistratura promossa dal governo. Con una lettera indirizzata alla premier Giorgia Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’Eaj ha espresso preoccupazioni, affermando che la riforma potrebbe mettere a rischio l’indipendenza della magistratura. Ma quanto di queste preoccupazioni è reale e quanto invece è dettato da interessi di una parte della magistratura che non vuole perdere il proprio potere? Il dibattito è vecchio e complesso. Giovanni Donzelli, esponente di Fratelli d’Italia, ha dichiarato in un’intervista al Corriere che il vero problema non è la riforma, ma l’incapacità di accettare che il governo Meloni sia legittimo e deciso a intervenire. «Il clima agitato non è causato dalle nostre riforme» ha spiegato Donzelli, «ma da chi non si è rassegnato al fatto che Giorgia Meloni ha vinto le elezioni». «Non c'è uno scontro con la magistratura – ha precisato - ci sono alcuni magistrati politicizzati che si oppongono alla nostra volontà di riformare la giustizia».

 

 

 

Questa resistenza, secondo il meloniano, è alimentata da una parte della magistratura che ha intrecciato il proprio ruolo istituzionale con le logiche politiche, mettendo a rischio la terzietà del sistema giudiziario. «Alcuni magistrati interpretano il proprio ruolo in modo politico, ed è per questo che la riforma è necessaria» ha aggiunto. Un esempio di questa politicizzazione è il caso di Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione, che avrebbe definito la premier Meloni «pericolosa» in una mail interna dell'Associazione nazionale magistrati. Tali parole, hanno sollevato un’ondata di indignazione ma soltanto dalla maggioranza. Dall’altra parte, quella dell’opposizione, invece, un assordante silenzio. O quasi. Nordio, in merito, ha prontamente annunciato un'ispezione ministeriale: «Stiamo verificando i presupposti per un'ispezione del ministero». Il Guardasigilli, con la sua lunga carriera alle spalle, non ha mancato di sottolineare come la fiducia nella magistratura sia precipitata negli anni. «Quando entrai in magistratura, nel 1976, godevamo del consenso dell’80% dei cittadini. Oggi quel consenso è crollato», ha ricordato il ministro, lasciando intendere che gran parte delle colpe siano da attribuire all'interno stesso del sistema giudiziario.

 

 

 

Per Donzelli, in sostanza, con la riforma «vogliamo garantire che i giudici possano svolgere il loro lavoro senza essere condizionati da pressioni ideologiche». Intanto, nonostante le proteste e i tentativi di rallentamento, il governo è determinato a proseguire con la riforma della giustizia. Approvata dal Consiglio dei ministri a maggio, la proposta di separazione delle carriere è attualmente in discussione in Commissione Giustizia della Camera. Il ministro per i Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, ha confermato che l’obiettivo è portare la legge in Aula per una prima lettura entro Natale. La riforma, composta da otto articoli, introduce modifiche sostanziali all’ordinamento giurisdizionale, tra cui la separazione tra le carriere di giudici e pubblici ministeri, come detto. Una delle innovazioni più rilevanti è anche la creazione di due sezioni distinte del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), con la componente togata selezionata tramite sorteggio, un meccanismo volto a ridurre corporativismi e giochi di potere.

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