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Liguria, campo zoppo e rebus Renzi. La discesa dei big fra i timori degli "OrlandElly"

Mira Brunello

Le ultime 24 ore, il rush finale. Poi domenica 27 e lunedì 28 saranno i liguri alle urne a decidere. E comincerà l'attesa snervante del campo largo che in Liguria si gioca un pezzo importante del suo futuro. Se non proprio letteralmente l'osso del collo. Nel frattempo, per qualche ora oggi, tutta la politica nazionale si trasferisce a Genova. A partire dai leader del centrodestra (alle 16,30 all'Auditorium dei magazzini del cotone, al Porto Antico): Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Maurizio Lupi, e Stefano Bandecchi, per sostenere Marco Bucci. Un'ora dopo (alle 17,30 al Teatro Politeama), si ritrovano i big del campo largo, che non si vedevano dalla manifestazione di luglio: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni, Enzo Maraio ed in video collegamento, per mantenere le distanze, Carlo Calenda, per incoraggiare Andrea Orlando. Per l'appunto, l'ultimo gomitolo di speranza per un'alleanza appesantita all'esito del voto e che durante la campagna elettorale ha già rischiato più volte di andare in frantumi.

 

  

 

 

È proprio in Liguria che Giuseppe Conte ha deciso di mettere nel mirino Elly Schlein, prima tergiversando sulla candidatura di Andrea Orlando, poi poco prima della chiusura delle liste, decidendo la cacciata di Italia Viva. Accolta con giubilo dagli alleati: gran parte dei dem, il duo Bonelli Fratoianni e Ferruccio Sansa, in pratica un plotone di "esecuzione". Nelle ultime due settimane, Pd e M5S, complici sondaggi sempre più preoccupanti, hanno deciso di mettere il silenziatore alle polemiche e di fare una chiusura unitaria, quella di oggi. La segretaria del P tranquillità sanno ed il leader del M5S infatti che la loro è nelle mani dell'ex ministro. Nel caso in cui dovesse perdere, per il Nazareno si riaprirebbe il baratro delle polemiche su Elly Schlein. È davvero in grado di capitanare una coalizione alternativa a quella di Giorgia Meloni? O è tutta "chiacchiere e distintivo"? Uno strapiombo che riporterebbe a galla tutti gli sfidanti alla successione, veri ed immaginari. A partire da uno: l'ex commissario europeo Paolo Gentiloni, che è la vera carta coperta dei riformisti dem, che non hanno mai veramente accettato il comando dell'imprevista. Insomma uno stop in Liguria, riaprirebbe l'eterno cantiere del Pd, la lotta alla successione di una segretaria considerata non all'altezza, discussioni a non finire e snervanti analisi della sconfitta.

 

 

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Un'analoga situazione riguarda Giuseppe Conte, un passo falso di Orlando lo trasformerebbe automaticamente nel capro espiatorio. L'avvocato di Volturara Appula infatti ha preteso l'esclusione di Matteo Renzi, se alla fine mancheranno pochi voti, lui sarà il responsabile, e certamente quello che dovrà subire l'apertura all'ex sindaco di Firenze, senza fiatare. Già Matteo Renzi, dopo il diktat del campo largo, ha lasciato libertà di voto ai suoi elettori. Che cosa farà Italia Viva? Marco Bucci non ha dubbi: «Molte persone che aderivano a Italia Viva e Azione hanno sposato da subito questa linea, alcune si sono anche candidate con noi. Orlando non li ha voluti, ma ora chiede i loro voti, un brutto modo di fare». Una illazione che innervosisce Calenda che dichiara alle agenzie: «Bucci ha un brutto modo di fare politica. Azione ha il simbolo con Alleanza Civica, Repubblicani e Movimento Repubblicano Europeisti a sostegno di Orlando». Fatto sta che il leader di Azione oggi non sarà al Politeama con i big del campo largo ma solo in collegamento, sarà un caso, o è meglio non metterci la faccia? Che sia un turno elettorale di valore nazionale, lo dice anche il calendario. La Liguria apre le danze, poi il 17-18 novembre voteranno anche Umbria ed Emilia Romagna.

 

 

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Una successione ravvicinata che in estate ha fatto sperare il Pd nel “filotto”. Al Nazareno le previsioni non lasciavano adito a nessun dubbio: «vinceremo 3-0», annunciava fiera Elly Schlein, che pregustava la spallata al governo di centrodestra. Ora con i piedi più per terra, i parlamentari dem si scambiano schedine più pessimistiche: «andrà bene se perderemo 2-1, in pratica un disastro». È il vero e proprio terrore che pervade il campo largo: «cominciare con la sconfitta nella Regione in cui eravamo certi di farcela». Sarà per quello che Andrea Orlando al microfono di Un giorno da pecora tenta l'ultimo colpo: «vincerò 51 a 47». Se non andasse così, per lui in fondo cambierebbe poco, tornerebbe subito a Roma, a regolare i conti con una segretaria, sostenuta alle primarie, ma non particolarmente amata. Insomma nel gran finale riemergono tutti i contrasti degli ultimi mesi, la freddezza tra i leader, le agende inconciliabili, le antipatie "tribali". Un caravanserraglio che potrebbe fermarsi definitivamente proprio a Genova.