Meloni gate, le mail delle toghe rosse. Dal "Re di Albania" agli sfottò al governo. Ed è caccia alla talpa
Una caccia alla talpa, per trovare la manina che ha svelato le trame delle toghe rosse contro il governo Meloni. E ha innalzato lo scontro con la maggioranza, dopo lo scoop de Il Tempo con quella mail del big di Magistratura Democratica, il procuratore della Cassazione Marco Patarnello, il quale, in una comunicazione tra esponenti della corrente e appartenenti all’Anm, sosteneva come la premier Giorgia Meloni fosse più forte e pericolosa di Silvio Berlusconi, «perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personalima per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto». Poi il togato della Suprema Corte, lamentandosi delle divisioni delle correnti e dell’isolamento della magistratura nella società, avvertiva che «bisogna porre rimedio», sostenendo la chiamata alle armi contro l’esecutivo.
"Al lavoro senza paura": le trame delle toghe rosse non frenano Meloni
«Dobbiamo pretendere che il Csm apra un dibattito al proprio interno e deliberi una reazione chiara e netta. Che anche l’Anm mostri il proprio approccio unitario e fermo«. Parole sconcertanti, che hanno provocato l’indignazione della premier Meloni, la quale ha pubblicato stralci della mail choc sui social, del centrodestra, che annuncia interrogazioni al Guardasigilli, e di quell’opinione pubblica che ha sempre meno fiducia nella magistratura. Anche le toghe rosse si sono indignate, ma non certo per un’inaspettata presa di coscienza, piuttosto per la rivelazione dei piani dei giudici di sinistra di entrare a gamba tesa nella linea politica del governo. E il nervosismo si tocca con mano nell'intervento del togato del tribunale di Lucca, Simone Silvestri, autore dell'intervento "Il fascismo non è un’opinione", pubblicato a gennaio scorso sul sito di Magistratura Democratica, in cui, parlando del clima politico e aleggiando i soliti spettri del passato, precisava quanto «sia importante in questo momento non cedere all’idea che tollerare le sue manifestazioni sia una vittoria dello stato democratico poiché quelle manifestazioni sono urla di violenza in essere».
Smascherate le trame anti-Meloni, Donzelli a valanga: "Care toghe rosse..."
È Silvestri a dare il via alla caccia alla talpa nella mailing list e a mettere nel mirino Il Tempo: «Ringrazio chi ha avuto il cuore di passare il testo alla giornalista Rita Cavallaro (o chi per lei) violando i più elementari principi di riservatezza di questa lista che da oggi è (per chi legge quel giornale) organo di Magistratura Democratica. Un comportamento indegno che vorrebbe indurci al silenzio ma che, al contrario, potrebbe stimolare una presa di posizione comune dell’Anm sulle dichiarazioni del ministro e dell’Esecutivo. Ce la facciamo?». E infatti poco dopo il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, la posizione la prende, criticando il Guardasigilli e ignorando totalmente il polverone alzato dalle parole di Patarnello su Meloni. «In questo clima accesissimo io sono fortemente preoccupato perché noto toni di aggressione al lavoro giudiziario che non hanno precedenti, faccio un appello a tutti perché si ritorni ad usare la ragione e qui la ragione è che il diritto vada applicato da tutti».
Meloni gate, scoppia la bufera. Mattarella: no a contrapposizioni
Insomma, un velato invito ai magistrati a far fronte comune per usare la legge contro le azioni del governo. E diventa perfino oggetto di sfottò. L’ex capo dell’ufficio gip di Bergamo, Tino Palestra, nella mail con oggetto «non convalida trattenimento migranti in Albania» finita nella bufera, parla di «invenzione meloniana, che richiama forse il ricordo - rimpianto? - di quando il re d’Italia era anche di Albania». Un’allusione, quasi, ai pieni poteri, che fa il paio con lo scherno del giudice del Tribunale di Catania, Alessandro Laurino, sul caso Apostolico, la paladina contro i porti chiusi che si è distinta per la bocciatura di una serie di trattenimenti di migranti. «Sapete come è andata a finire la vicenda Apostolico? È andata a finire così: l’Avvocatura dello Stato ha rinunciato ai ricorsi, il Governo ha chiesto l'estinzione del giudizio ed è venuto meno il rinvio pregiudiziale. Bisognerebbe strillarlo ai quattro venti». Infine un tocco poco elegante: «Dà l’idea di quanto siamo sommersi da falsità, ipocrisia, propaganda, sulla pelle di 4 bangladini in carne ed ossa, di cui non sappiamo nulla e che forse fanno un ottimo kebab».