mail choc contro meloni

La mail choc e lo scontro tra le toghe: Md insiste, Magistratura indipendente prende le distanze

Edoardo Sirignano

Lo scoop de “Il Tempo” divide la magistratura. La mail choc di Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione, ai colleghi di “Magistratura Democratica”, il correntone di toghe rosse a cui appartiene anche Silvia Albano, la giudice che qualche ora prima aveva discusso la sentenza sui Cpr in Albania, apre un dibattito tra i togati. Nel messaggio, inviato, alle 18,32 di sabato, il vicesegretario dell’associazione, aveva chiesto unità alla categoria per fermare l’azione della maggioranza. “Meloni - appariva nel contenuto - è un pericolo, più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio”. L’accento veniva messo sul fatto che la politica romana,  a differenza di chi l’ha preceduta, non avesse “inchieste personali a suo carico e quindi non si muove per interessi personali, ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte e più pericolosa la sua azione”.

 

  

Il primo magistrato a chiarire è Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm, che minimizza e prova a smontare il caso, dopo la pubblicazione della mail sui social. “Nessun magistrato - sostiene - ha mai detto di voler porre rimedio all’azione del presidente del Consiglio. Non cerchiamo alcuna contrapposizione”. Anzi, accusa la politica, con “maliziose interpretazioni” di non contribuire al rasserenamento del clima istituzionale. 

 

Nella mattinata odierna, invece, arriva la nota proprio di Magistratura Democratica che parla di reazioni “esorbitanti”. Per le toghe rosse non c’è alcun complotto contro la maggioranza: “Non si prepara annunciandolo in una mailing-list, con migliaia di accessi”. Viene ribadito anche il fatto che si tratti di un contenuto destinato ai soli iscritti dell’associazione: “La mail di cui si parla si inserisce in una discussione in cui sono state espresse molte e diverse opinioni, alcune delle quali anche più dirette e forti, e che derivavano dallo sconcerto - tra tutti i magistrati e non certo solo tra quelli di Magistratura democratica - per le reazioni di rappresentanti delle istituzioni governative di fronte ad alcune pronunce in materia di immigrazione, che non un fine giurista, ma anche un semplice attento lettore di giornali avrebbe potuto facilmente prevedere. Se il modello Albania confligge con le regole a cui l'Italia aderisce, ad esse è destinato a cedere, con buona pace di chi a quel "modello" affida parte delle sue chances politiche. Nè i giudici, nel decidere sui diritti delle persone, devono o possono farlo solo come fa piacere a chi governa”. Nel merito, per Magistratura Democratica, la mail riconosce alla Presidente del Consiglio “di non muoversi per interessi personali, ma in base a una visione politica che è politicamente forte e sostenuta da una maggioranza forte; che la sua visione della giurisdizione non è condivisibile e mette in discussione l'assetto costituzionale; che i magistrati non devono fare opposizione politica, ma essere uniti e fare chiarezza su quello che può compromettere i diritti dei cittadini”. Vista così, la mail per i togati corrisponderebbe a una semplice “esigenza di discussione pubblica, che in una democrazia costituzionale è necessaria”.

 

Su tali posizioni, però, non si ritrovano i loro colleghi di Magistratura Indipendente, ovvero quelli non schierati, come dice il nome stesso dell’associazione. “Il Presidente del Consiglio - sottolineano in un comunicato - di un qualsiasi partito politico, non è mai un avversario da fermare o da combattere, ma un interlocutore istituzionale da rispettare. Sempre. Deflettere da questo principio significa indebolire la funzione giudiziaria, compromettendone il ruolo e la funzione costituzionale. Essere e apparire indipendenti è la prima condizione per la credibilità della magistratura che mai deve essere coinvolta nelle contingenti vicende e contrapposizioni politiche”. Di tale sensibilità, sottolinea il presidente Claudio Galoppi, presidente, “vogliamo essere chiari e coraggiosi interpreti, difendendo sempre l’indipendenza della giurisdizione”.