politica & consenso
Meloni vola nei sondaggi. Noto: "Gli attacchi di giudici e spioni non la indeboliscono"
«Quello che vale nel consenso a Fratelli d’Italia non è tanto il partito in sé, ma la fiducia in Giorgia Meloni. Se questa forza dovesse essere votata solo dagli elettori che, ideologicamente, si sentono vicini alle posizioni della destra, si piazzerebbe nella forbice tra il 7 e l’8 per cento. Stiamo parlando, invece, di un soggetto politico che, allo stato, oscilla tra il 29 e il 30 per cento. Ciò vuol dire che c’è un venti per cento di elettorato che vota in un determinato modo solo perché apprezza una premier, che pur non riuscendo a raggiungere l’obiettivo, si rimbocca le maniche». A dirlo il sondaggista Antonio Noto.
Come mai quei connazionali che, ogni giorno, si lamentano per l’inflazione, l’economia che non decolla, lo sviluppo mancato e così via, continuano ad aver fiducia nella leader di Fdi?
«La verità è che un elettore non sceglie di votare un leader solo perché ha raggiunto un traguardo. Anzi, come ci insegna la recente storia politica nazionale, spesso capita il contrario. Basti vedere quanto è accaduto per il reddito di cittadinanza. In questo caso, pur avendo il Movimento mantenuto la promessa con gli elettori, ha perso appeal. La formazione del consenso avviene su altre variabili».
Quali?
«Il cittadino vuole un capo politico che ci mette la faccia, si sporca le mani, ha le competenze per raggiungere il traguardo prefissato e, in tal senso, la Meloni ha dato proprio questa idea. Ecco perché la sua luna di miele non è ancora terminata».
C’è un tema, in particolare, che dimostra quanto sostiene?
«La collettività percepisce un po' ovunque tale modus operandi. Il presidente del Consiglio, d’altronde, agisce a trecentosessanta gradi. Spazia dall’essere vittima dei dossier fino a dover affrontare emergenze nazionali e internazionali. Non c’ un singolo avvenimento che rafforza o diminuisce la reputazione di un presidente, ma sono una serie di fattori che incidono».
Quale è, ad esempio, la percezione di questo scontro, sempre più acceso tra la magistratura e Palazzo Chigi?
«Il racconto della Meloni attaccata dai giudici, dai poteri forti, da chi la vuole spiare, le consente di creare un legame sentimentale con il popolo, che la percepisce come una vittima. Ciò le consente di guadagnare in termine di simpatia, empatia. Da sempre, ci si tende a schierarsi dalla parte del più debole, di chi, secondo la narrazione, viene attaccato senza un motivo valido».
Questo è l’unico aspetto che le ha consentito di effettuare un salto di qualità in termine di gradimento?
«Altro aspetto da non sottovalutare è il giudizio sulla competenza, che vale più del raggiungimento dell’obiettivo stesso. Secondo l’opinione pubblica, l’esecutivo non riesce soprattutto perché c’è qualcuno o qualcosa che glielo impedisce . Ciò lo si evince nei più svariati settori, dall’economia, passando per il lavoro fino al welfare. Gli italiani vedono in Meloni una donna di cui possono fidarsi, mentre non accade lo stesso nei confronti di chi le fa opposizione».
C’è chi sostiene che Giorgia abbia rubato consensi soprattutto agli alleati del centrodestra. È d’accordo?
«A mio parere non c’è chi guadagna o perde nella maggioranza, soprattutto in questa particolare fase. Probabilmente c’è stato prima del 2022, ma poi non è cambiato quasi niente».
Ciò significa che a essere debole è soltanto una sinistra, che stenta a ritrovarsi...
«Siamo di fronte a un’opposizione frammentata. La percezione di un campo largo diviso, in questo momento, non agevola certamente la minoranza. La strada per fare in modo che la sinistra torni a essere competitiva passa, senza ombra di dubbio, nel ritrovarsi subito. Aumentano coloro che percepiscono questa coalizione come un grande contenitore che, purtroppo, raccoglie tutto e il contrario di tutto».
Questo eccesso di eterogeneità non rischia di generare confusione nella storica base progressista?
«La forza del centrodestra, allo stato, è quella di poter contare su Meloni che, in un certo senso, è un buon caposquadra.
La sinistra, al contrario, non lo ha. C’è chi pensa che il leader sia Schlein, chi Conte, chi Calenda, chi Fratoianni e chi Renzi».
A proposito di Terzo Polo, non rischia di diventare un problema per il centrodestra?
«Non riuscendo a sorgere, finisce soltanto con l’avvantaggiare la destra che trova delle vere e proprie praterie nell’elettorato moderato».