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Nordio, il Pd chiede le sue dimissioni ma dimentica quando Napolitano attaccò la Procura di Palermo

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La linea sposata dalla sinistra è chiara: sostenere in ogni caso la tesi secondo cui ad attaccare la magistratura è, oggi, il governo Meloni, magari provando a scatenare quello scontro tra istituzioni di cui parlano ma che non esiste. Strategia, questa, dalle intenzioni ancora più evidenti se si considera che la segretaria del Pd Elly Schlein ha chiesto le dimissioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo il suo intervento in merito alla decisione dei giudici di Roma di non convalidare i trattenimenti dei migranti in Albania. Nordio, in realtà, ha detto che la politica ha il dovere di intervenire dove la magistratura “esonda dai suoi poteri”, ma ha anche ribadito con nettezza di parole che “la reazione della politica non è stata contro la magistratura, ma contro il merito di questa sentenza”. Il discorso del ministro è stato travisato. Possibile che i Dem abbiano memoria breve?

 

 

 

Nel 2012, infatti, era stato Giorgio Napolitano, in qualità di Presidente della Repubblica, ad affidare all'avvocato generale dello Stato l'incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici Loris D'Ambrosio e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e Mafia negli anni Novanta. Napolitano ritenne le decisioni della Procura siciliana lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione. Il Quirinale, in altri termini, andava all'attacco della procura di Palermo. Oggi, però, se il Guardasigilli parla di "sentenza abnorme", il Pd agita lo spettro delle dimissioni. Come al solito, due pesi e due misure. 

 

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