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Albania, l'ex consigliere di D'Alema: "Perché Meloni ha ragione e la sinistra sbaglia"

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Dopo che mezza Europa ha manifestato entusiasmo per il "modello Albania", nel giorno dell'arringa a Open Arms, la sezione immigrazione del tribunale di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader. Una mossa giudiziaria che ha trovato la sinistra pronta a esultare e Giorgia Meloni furiosa per la strana coincidenza. "Pd, M5S e AVS hanno presentato un’interrogazione alla Commissione europea chiedendo se intende aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’accordo sui flussi migratori con l’Albania. Avete capito bene, alcuni partiti italiani stanno di fatto sollecitando l’Europa a sanzionare la propria Nazione e i propri cittadini, con il solo obiettivo di colpire politicamente questo governo. Una vergogna che non può passare inosservata", ha scritto su X la premier. Sul tema è stato intervistato ​Domenico Cacopardo. Il giurista, già consigliere di Massimo D'Alema premier, in un colloquio con l'HuffPost Italia, si è detto d'accordo con la leader di Fratelli d'Italia. 

 

 

"In realtà non spetta alla magistratura definire i Paesi sicuri. E sbaglia anche la sinistra a cavalcare in questo modo un tema che porta consensi a Meloni. Togliatti non lo avrebbe fatto", ha dichiarato lo scrittore ed ex capo dell’ufficio legislativo quando Massimo D’Alema era a Palazzo Chigi. Perché la decisione del tribunale di Roma può essere contestabile? "Per un principio generale del diritto per il quale non ci può essere una decisione del giudice o del legislatore che sia irragionevole nei suoi effetti. E’ il sistema che non lo ammette. Io vengo dalla giurisprudenza amministrativa e noi, come tutti i magistrati, sappiamo che dove l’applicazione della norma è irragionevole, vuol dire che c’è un vizio. Questo ovviamente può esserci stato nella decisione a monte della corte di giustizia europea o in quella del tribunale di Roma", ha continuato. Pur non condividendo l'idea dei Cpr in Albania, il giurista ha usato parole chiare per ribadire il suo pensiero: "La definizione di Paese sicuro non spetta al giudice. E’ un’analisi che comporterebbe un’amministrazione particolare che i tribunali non hanno. E’ per forza di cose un provvedimento amministrativo, ancorato ai criteri fissati dall’Unione europea, che individua i paesi sicuri e quelli non sicuri. E’ invece irragionevole e ingestibile l’idea che sia la magistratura a stabilire quale Paese è sicuro e quale no", ha aggiunto. 

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