inchiesta di perugia

Inchiesta di Perugia, la rete degli spioni e l'asse con Le Monde: "Mi hanno rovinato"

Rita Cavallaro

Le spiate di Striano & Co per colpire Marine Le Pen, quei legami con il gotha del giornalismo francese e la rabbia dei dossierati per la campagna di fango. Le rivelazioni de Il Tempo, che nei giorni scorsi ha raccontato come il pool di spioni dell’Antimafia avesse costruito il dossier contro in nome di punta del Rassemblement National proprio nei giorni del ballottaggio per le Presidenziali del 2022 con Emmanuel Macron, hanno fatto sobbalzare dalla sedia Frédéric Chatillon, capo del gruppo degli ex "gudard" e amico di Le Pen, nonché Jildaz Mahé, fondatore e direttore del ristorante Le Carré Français. I due amici, infatti, sono tra le vittime del presunto dossieraggio ordito, secondo gli investigatori, dal finanziere Pasquale Striano, accusato di accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto in concorso con l'ex pm Antonio Laudati e i tre giornalisti di Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

 

  

 

Dai nuovi atti dell’inchiesta del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, è infatti emerso che, tra le migliaia di intrusioni illegali al sistema analisti messe a segno dal servitore dello Stato infedele ci sono anche quelle ai danni di Chatillon e della società titolare del ristorante in pieno centro a Roma. Gli approfondimenti investigativi hanno ricostruito il dossier Le Pen, cucinato tre giorni prima del voto di Parigi e confluito in due articoli di Domani, in cui sono riportati interi passaggi e perfino le schermate dei rapporti bancari contenuti in una relazione tecnica allegata alle Sos che Striano ha consultato illecitamente e passato ai soliti amici giornalisti, per gettare fango sulla Le Pen a poche ore dal voto e colpire i nemici di sempre, in particolar modo Matteo Salvini, alimentando sul Carroccio le solite ombre russe in un clima avvelenato dalle liste di proscrizione dei filoputiniani, nel pieno del conflitto Mosca-Kiev. Gli articoli finiti sotto la lente degli inquirenti fanno riferimento a fantomatici «demoni di Marine Le Pen» intenti ad aggirarsi per l’Italia «per fare affari tra Roma e Milano» attraverso società da cui emergerebbe «un rapporto molto stretto tra uomini filorussi vicini alla Lega di Matteo Salvini e Frédéric Chatillon».

 

 

E i flussi bancari di quest'ultimo sono stati passati al setaccio, per avanzare, in assenza di un'inchiesta giudiziaria, presunti sospetti di riciclaggio nella società proprietaria appunto del ristorante Le Carrè Francais, fondato da Mahé, un altro ex gudard, e passato poi all’ex marito di Le Pen, Eric Iorio. «Siamo stati vittime di una valanga di fango preordinata e frutto di una regia italo-francese che, per colpire Marine Le Pen a poche ore dal voto per l'Eliseo, ci ha creato gravi conseguenze finanziarie, perché la notizia di sospetti dell’antiriciclaggio, quando si trattava invece di semplici segnalazioni di operazioni sospette come tante ogni giorno, ci ha rovinato la reputazione bancaria e chiuso i rubinetti dei prestiti», racconta Mahé, che adesso è pronto ad adire le vie legali contro gli spioni, così come ha già fatto Chatillon, il quale ha presentato, attraverso il suo avvocato, un esposto al procuratore Cantone.
Il fondatore di Le Carrè Francais ha ripercorso l’inferno scoppiato dalla pubblicazione degli articoli: «La Bnl ci ha messo sotto complaints e non ci ha neanche permesso di aprire un conto, Chatillon è stato addirittura interdetto da Bankitalia. Abbiamo dovuto affrontare tutto da soli senza che avessimo commesso nulla di illegale. Il nostro ristorante è fatto di azionisti francesi, mugnai e artigiani del gusto, che ogni giorno mandano bonifici dall'estero. Quelle Sos erano consuete segnalazioni bancarie ma invece sono state rappresentate come se fossero riciclaggio.Nessuno ha mai riciclato soldi nel ristorante».

 

 

L'imprenditore non ha dubbi sulla regia dietro il dossier Le Pen: «È stata una politicizzazione venuta da fuori, dalla Francia, per attaccare Marine e influire sul voto. Lo dimostra il fatto che, il giorno dopo l’articolo di Domani la stessa storia è stata pubblicata in prima pagina da Le Monde, che ha fatto due pagine citando fonti italiane». Come italiani sono gli stessi giornalisti che hanno firmato l'inchiesta sul quotidiano francese: Andrea Palladino e Andrea Tonago. Non due cronisti a caso, ma colleghi ai tempi de L'Espresso di Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi, le fonti italiane che, nei loro articoli, hanno riportato i documenti esclusivi e gli interi paragrafi contenuti nelle Sos illegali di Striano.