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Libano, “o c’è Unifil o c’è la guerra”. L’avviso di Crosetto ad Israele: non ce ne andiamo

«L’imparzialità dei caschi blu è uno dei pilastri Unifil. O c’è Unifil o c’è la guerra». Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, nella sua informativa alla Camera, usa parole chiare sulla situazione in Medio Oriente. Dove non ci sarà alcun passo indietro del contingente Onu. «Se rinunciassimo alla presenza dei soldati delle Nazioni Unite in quella zona del mondo oggi, rinunceremmo alla possibilità del mondo di risolvere in modo pacifico le controverse internazionali», ha ribadito. «Unifil non ha svolto il compito perché non poteva svolgerlo, per come sono state scritte le regole di ingaggio, non poteva perché le persone che sono andate lì sono andate pensando di dover svolgere il ruolo che svolgono in un altro ambiente, che non è più quello in cui si svolge, e perché l’altro pilastro che sono le forze armate libanesi sono cadute, distrutte dall’inflazione, dal problema economico. Un soldato ormai guadagna un venticinquesimo di quello che guadagnava. È come se un militare italiano continuasse a fare il militare guadagnando cento euro al mese. Ed avendo un’alternativa, c’è un’altra forza militare nel paese con capacità economica di reclutamento molto più alta. Questo è quello che sta succedendo in Libano. E questa cosa la possono risolvere soltanto due soggetti, Unifil e la comunità internazionale da una parte, la crescita delle forze libanesi dall’altra», ha spiegato ancora il membro del governo Meloni. 

 

  

 

«Questa è una cosa - evidenzia Crosetto in Aula - che l’Italia dice da oltre un anno. Da oltre un anno lo abbiamo messo insieme nazioni di tutto il mondo con l’obiettivo di adottare le forze armate libanesi, che significa garantire risorse economiche, garantire la formazione, garantire gli equipaggiamenti necessari perché esistano, perché in qualche modo costituiscano la spina dorsale di un paese che deve essere ricostruito e consentano a quel paese di riprendersi una libertà che ha perso. Ci troviamo di fronte a una crisi di un paese che ha preso due milioni di profughi che arrivano dalla Siria, di un paese che in questo momento è da una parte occupato da una forza interna, Hezbollah, e dall’altra occupata da una forza esterna, che è Israele. Se non in questi casi - ha concluso, interrogando l’aula - quando serve la comunità internazionale? Se non in questi casi quando possono unirsi le voci delle Nazioni senza avere diversità?».