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Hezbollah, quei 5 italiani grazie a Passaportopoli: i certificati taroccati

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Edoardo Sirignano
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Cinque Hezbollah sono diventati cittadini italiani grazie a certificati falsi. Era il 7 maggio quando Il Tempo, raccontava di un magnate libanese che, sfruttando l’amicizia con il premier venezuelano Maduro e le sue strane relazioni in qualche nostro consolato, riusciva a ottenere passaporti per sé e per la sua famiglia, aiutando, nei fatti, persone vicine alla rinomata organizzazione paramilitare islamista. Indiscrezione confermata, in queste ore, dallo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani che, dopo mesi di silenzio, conferma l’esistenza di quel meccanismo distorto, denunciato su queste colonne: «Troppe truffe, sostiene il titolare della Farnesina. Troppi personaggi che organizzano agenzie per regalare la cittadinanza italiana con finti avi». Lo stesso Majed Khalil Mazjoub, il 54enne imprenditore di cui parlavamo in precedenza, era riuscito nell’obiettivo grazie a un presunto antenato di Poggio di Marciana, paesino dell’Isola d’Elba, che nel lontano 1850, sarebbe partito alla volta di Caracas.

 

 

 

Il leader di Forza Italia non cita alcun caso specifico, ma è chiaro come ci sia più di un semplice filo conduttore con quei controlli del 12 aprile scorso, effettuati dagli ispettori della Farnesina. Allora finirono sotto il setaccio 23 pratiche, tra cui le 9 relative alla famiglia del magnate islamico apparentato con l’ex ministro delle Finanze libanese, noto per essere stato sanzionato dal Dipartimento del Tesoro Usa a causa del suo «sostegno materiale a Hezbollah». Una cosa è certa, il nostro governo non intende farsi trovare impreparato. Ragione per cui, come rivelato da Tajani, nel corso della conferenza nazionale degli enti locali di Forza Italia, svoltasi a Perugia, sarebbe già stata revocata la cittadinanza ai cinque terroristi. «Essere italiani – evidenzia il vicepremier, dialogando con i giornalisti – è una cosa seria». Detto ciò, resta aperto il giallo relativo a questo mercato di documenti, che partendo dal Sudamerica fino alla nostra Europa, consente a soggetti pericolosi di sfruttare i nostri uffici per accedere al continente o bypassare i severi controlli di Washington.

 

 

 

Ecco perché sarebbe stato chiesto da Palazzo Chigi di velocizzare le indagini su un vero e proprio sistema, che sfruttando il canale di Maduro, del Venezuela e della Bolivia, con la complicità di qualche funzionario e dirigente, consentirebbe a chi ne avesse bisogno, recuperando l’identità di soggetti la cui discendenza è dubbia (perché il cognome si è perso o magari perché gli archivi municipali, come nel caso di Poggio di Marciana, arriverebbero solo fino a un certa deta) di avere i requisiti necessari per essere nostro connazionale. Detto ciò, considerando il riemerso pericolo “lupi solitari”, tale problematica, oggi, potrebbe trasformarsi in una vera e propria emergenza, considerando la facilità con cui soggetti ritenuti pericolosi potrebbero diventare italiani e dunque passare inosservati. Pur essendo il Ministero degli Esteri più che vigile, come testimonia il caso degli ultimi cinque Hezbollah, basta un attimo di distrazione per fare in modo che il nostro Paese diventi il punto d’attracco ideale per qualche terrorista, che non trovando sbocchi altrove, utilizza la falla per realizzare i suoi tremendi scopi.

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