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Bisignani: Meloni detective e la caccia alla talpa del Palazzo

Luigi Bisignani
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Caro Direttore, «l’effetto talpa» si diffonde come un virus, ma per fortuna non miete vittime. Possiamo, quindi, riderci su. Nelle banche, nei partiti, nei Servizi, ovunque ci sia un segreto da custodire, c’è sempre una talpa pronta a scavare la sua tana. Così Giorgia Meloni si è vista costretta a trasformarsi in una faina cacciando, nell’oscuro bosco, quelle bestie che si infiltrano nelle chat private e nei conti bancari. La faina, si sa, ama i piccoli gruppi familiari e così, nella caccia alle infami talpe, la nostra Giorgia è affiancata da due inossidabili volpi: Patrizia Scruti e suo marito, il caposcorta Giuseppe Napoli, che hanno occhi e orecchie dappertutto...o quasi. Non mancano neanche il simpatico grillo parlante Tommaso Foti e il gufetto solitario Fazzolari, l’unico, in effetti, abituato a cacciare davvero. Nel bosco giganteggia Baluu, l’orso buono Guido Crosetto: fedele ma mai accondiscendente e, forse, un po’ stufo dell’andazzo generale. Non ha esitato a dare il via libera all’inchiesta contro quei serpenti che strisciano sputando veleno. A volere la pelliccia della talpa c’è anche il simpaticissimo Giovanni Donzelli, affettuosamente chiamato «Minnie». Con lui, il gambero pistolero Andrea Delmastro Delle Vedove, la chela più veloce di Palazzo Chigi (fu il primo a scovare notizie riservate sul caso Cospito). Delmastro, nominato un pelino troppo incautamente sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri, fu ribattezzato, da quando si scoprì essere il coinquilino di Minnie, «Topolino». Due anni dopo il meritato arrivo a Palazzo Chigi Giorgia si ritrova, suo malgrado, nella foresta di Fangorn. Con la frustrazione che, invece di occuparsi a tempo pieno dei problemi del governo, è costretta a indossare i panni della faina e cacciare talpe che scavano profonde gallerie, rendendo instabile il terreno su cui vorrebbe costruire la sua «nuova Nazione».

 

 

E di talpe ne trova ovunque: da via Bellerio a Milano, sede della Lega, al rifugio segreto del ranger Salvini, nei pressi di Piazza Cavour a Roma; sono perfino al parco di Arcore, dove si stanno moltiplicando a vista d’occhio. E addirittura pare che scavino anche nei giardini del Quirinale e di Castel Fusano, al riparo da sguardi indiscreti. «Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano», ha postato sconfortata la Meloni sui social dopo aver scoperto che il suo conto corrente, e quello di altri colleghi, era stato «visionato» da un bancario infedele. In tutto ciò il compassato guardiacaccia Alfredo Mantovano, che sogna sempre il Viminale, approfittando della ricerca dell’inafferrabile spione della chat incriminata, non si lascia più sfuggire nulla a Palazzo. Dopo aver ordinato di allontanare i poliziotti che vigilavano sugli uffici presidenziali, i suoi sospetti hanno colpito anche i commessi, ai quali, poverini, è stato precluso l’accesso ad alcune aree della Presidenza. Ora, si attende l’arruolamento, a difesa delle ovattate stanze, soprattutto quelle dell’alloggio personale della Premier al terzo piano, di un manipolo di valorosi patrioti con tanto di tattoo rapaci sul petto, stile Super Giuli, con buona pace del micione Matteo Piantedosi che si è visto ridimensionare il valoroso ispettorato PS di Palazzo Chigi. Ma la questione più chiassosa, per ora, riguarda il fallimento nell’elezione del nuovo giudice costituzionale, che ha fatto apparire Francesco Saverio Marini come un «galletto vallespluga». Figlio d’arte, con un papà ex presidente della Corte Costituzionale e un fratello giurista, Marini sembra essere finito arrostito sotto le risate dei costituzionalisti che, a quanto sembra, non lo apprezzano molto. A poco gli è servita la benedizione del Papa, che lo ha nominato giudice del tribunale Vaticano, e nemmeno l’aver fatto da sempre il giro delle sette chiese tra i gruppi parlamentari in cerca di gloria. La disavventura ha fatto riflettere Giorgia, che ha ammesso: «Io alla fine mollerò per questo. Perché fare ‘sta vita per far eleggere ‘sta gente, anche no». Il paradosso è che questo martirio la isola ancora di più, facendola somigliare a Sam Spade, personaggio dei romanzi di Dashiell Hammett. Il cinico detective non ride mai e usa sia le bretelle che la cintura perché non si fida nemmeno dei suoi pantaloni. D’altronde, come darle torto?

 

 

La vita di governo ricorda sempre più la serie Hunger Games, con ostacoli a ogni curva e lo smartphone imbracciato come un fucile. Un ex capo della Polizia diceva che usarlo era come urlare dal balcone con un megafono. Tony Blair si vantava di non aver mai posseduto un cellulare e il Secret Service Usa ne vietò l’uso persino a Obama. La sindrome dell’accerchiamento fa parte del gioco di chi comanda. Matteo Renzi creò il «Giglio Magico», dove brillava la mitica MEB, Pierluigi Bersani diede vita, con i suoi amici emiliani, al «Tortello Magico». Massimo D’Alema, dal canto suo, amava circondarsi dei suoi «Lothar», come Claudio Velardi, Nicola La Torre e Fabrizio Rondolino che, mentre era portavoce del premier, pensò bene di pubblicare un libro di racconti erotici. Se non l’ha già fatto, Meloni dovrebbe leggere un vecchio romanzo di John Le Carré, «La Talpa», che narra di un infiltrato del KGB nel MI6. La talpa opera per anni, causando danni terribili, fino a quando George Smiley, oscuro eroe dei servizi segreti britannici, scopre che si tratta di un collega, peraltro uno dei suoi più cari amici. Ma Giorgia, anziché adombrare complotti - sospettando pare addirittura, durante un Cdm, del preparato comandante generale dell’Arma Teo Luzi, reo di aver osato parlare dello ius scholae in un’intervista al Corriere - perché non mette attorno ad un tavolo autorevole destra e sinistra per regolamentare più seriamente accessi e autorizzazioni cosicché, dai Servizi alle banche, dalle Asl ai vari corpi specializzati non ci siano più tanti infedeli che minano privacy e democrazia? Le soluzioni ci sarebbero, ma richiedono interventi decisi: limitare e tracciare i destinatari delle segnalazioni di operazioni sospette-SOS, restringere il campo dei presupposti per cui devono essere segnalate dove tutto diventa mafia. C’è tanto da fare Giorgia... daje!

 

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