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Inchiesta spioni: volevano incastrare Fontana ma Striano non trovò niente

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Rita Cavallaro
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Striano & Co non spiavano solo il governo Meloni, ma anche le più alte cariche dello Stato. Emerge ora dalle nuove carte della Procura di Perugia che, in quel verminaio dell'Antimafia, il finanziere infedele con la passione per la Lega aveva messo nel mirino pure il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. Gli analisti coordinati dal procuratore Raffaele Cantone, che hanno comparato il numero mostruoso di accessi abusivi, effettuati da Pasquale Striano, con gli articoli dei giornalisti di Domani ai quali il capo del gruppo Sos inviava su richiesta i documenti riservati tradotti poi in esclusive per gettare fango sull’avversario politico; hanno trovato in un file estratto dal pc del finanziere, denominato «diario» e relativo all’attività svolta dagli spioni tra ottobre e novembre 2022, un lungo elenco di politici oggetto delle intrusioni illecite al sistema analisti, l'attività per la quale Striano è indagato per accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto in concorso con l’ex pm Antonio Laudati e con i tre cronisti Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

Gli accertamenti su quel documento, estrapolato dal computer dello spione, hanno portato alla luce l’interesse a orologeria per un altro esponente della Lega, il partito più spiato dal team del dossieraggio. Tra i nominativi che Striano ha cercato, c’è infatti quello di Lorenzo Fontana. Un’intrusione illegale al sistema che il capo spione mette a segno il 20 ottobre 2022, nemmeno una settimana dopo che il politico del Carroccio viene eletto presidente della Camera, carica che ricopre esattamente dal 14 ottobre di quell’anno. Una ricerca infruttuosa, perché il nome di Fontana, alla data della visura, non era presente nella banca dati Siva, in uso alla Guardia di Finanza. Striano, allora, aveva tentato la svolta inserendo nei sistemi il nome di Emilia Romano, la moglie della terza carica dello Stato, ma neppure su di lei aveva trovato Sos. Non c’era alcun flusso di denaro sospetto, né un controllo stradale, nemmeno una multa da dare in pasto alla stampa di sinistra, come era già avvenuto pochi mesi prima con la seconda carica dello Stato della precedente legislatura, la presidente del Senato Elisabetta Maria Alberti Casellati, dossierata in vista della corsa al Colle e oggetto degli scoop di Domani, con i quali avevano «bruciato» in piena elezione presidenziale prima Silvio Berlusconi e poi la forzista.

E Striano non ha avuto più il tempo per portare a termine la «missione Fontana», visto che pochi giorni dopo era scattata la denuncia del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha scoperchiato il vaso di Pandora del dossieraggio. Gli investigatori, comunque, hanno documentato l’intrusione, ritenuta illecita in quanto non di competenza della Dna né legata a questioni di mafia e terrorismo, su Fontana e la moglie, i cui nominativi sono stati inseriti dagli analisti del Nucleo speciale di polizia valutaria delle Fiamme Gialle, agli ordini del generale Stefano Lombardi, in un elenco di «112 ricerche nominative, che in base alle indicazioni fornite da codesta A.G. potrebbero essere considerate abusive», si legge. Tra i tanti politici riportati nella lista, il senatore della Lega Claudio Borghi, il viceministro degli Affari esteri del governo Meloni, Edmondo Cirielli, il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d'Italia, Andrea Delmastro, e la presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo.

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