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Pontida, ecco la Santa Alleanza: “Fermiamo l'invasione islamica”

Luigi Frasca
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Pontida come la nuova Lepanto. Dal palco del raduno leghista, Matteo Salvini raduna i «Patrioti» fondati da Viktor Orban e sigla il patto per una nuova «santa alleanza dei popoli europei», uniti per raggiungere «la pace» in Europa e «fermare l’invasione islamica». «Lo hanno fatto a Lepanto, lo faremo ancora noi», sostiene il segretario leghista, che organizza il raduno alla vigilia dell’anniversario della battaglia in cui, il 7 ottobre del 1571, la Lega santa sconfisse la forza navale schierata dall’impero ottomano. Appare evidente lo scarto tra la prima parte del raduno, in cui, attraverso le voci di governatori, ministri e capigruppo, si riaffermano i valori storici del partito, fondato 40 anni fa da Bossi, e la seconda tranche, affidata alle voci dei leader alleati in Europa.

 

 

In apertura di comizio, nei loro interventi, Luca Zaia, Attilio Fontana e Roberto Calderoli festeggiano il via libera alla legge sull’autonomia e annunciano che la prossima battaglia sarà quella del federalismo fiscale, srotolando enormi bandiere regionali, e rispolverando parole come «centralismo» e «residuo fiscale», che da tempo non si sentivano sul palco di Pontida. Mentre, sotto le rispettive giacche, Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti indossano un pullover e una polo verde vintage Lega. Tra la prima e la seconda parte, l’intervento "cuscino" è affidato alla nuova star, Roberto Vannacci, atteso e applaudito alla sua "prima" Pontida. Il generale si concede un bagno di folla e selfie al suo arrivo, ed è osannato quando dice dal palco che manterrà la parola, perché la «Lega non è un taxi». L’altra star della giornata è il premier ungherese Viktor Orban, che chiude, insieme a Salvini, l’ultima parte del comizio, in cui sfilano gli alleati europei della Lega, una sorta di "Internazionale sovranista", raccolta nel gruppo Patrioti europei a Strasburgo: dall’olandese Geert Wilders allo spagnolo Josè Antonio Fuster di Vox, oltre al portoghese Andrè Ventura di Chega, all’austriaca Marlene Swazek dell’Fpo, e i video messaggi di Jordan Bardella del Rassemblement national e dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Il fil rouge del raduno è il processo Open Arms al segretario leghista per aver bloccato - nell’estate del 2019, quando era ministro dell’Interno - lo sbarco dei migranti a bordo della nave dell’Ong. Lo slogan della manifestazione è «Non è un reato difendere i confini» e diversi sono i gadget e gli striscioni a sostegno di Salvini (Calderoli sale sul palco con una maglietta con scritto «Processate anche me»).

 

 

Dopo l’ospite ungherese, sul palco è il turno del leader della Lega, che ringrazia il suo popolo, i compagni di partito e gli alleati europei per la solidarietà dimostrata (presenti anche i cechi Ondrej Knotek di Ano e Petr Macinka Motoriste sobe). «La Lega è nata da 40 anni per dare forza e territori, per dare coesione sociale e speranza ai nostri popoli - ricorda -. La Lega è una storia di coerenza. Dal prato di Pontida un eterno grazie a Umberto Bossi e a Roberto Maroni per averci accompagnato fin qua». Il giorno dopo le polemiche per lo striscione «Tajani scafista» esibito dai ragazzi della Lega Giovani, Salvini assicura che il governo è «compatto» è composto da «amici prima ancora che alleati». «Ogni tanto discutiamo ma poi si trova sempre la soluzione», aggiunge. Ma il vice premier leghista ne approfitta per lanciare due messaggi a Forza Italia. In primo luogo, «sull’autonomia non si torna indietro», scandisce. Poi, sullo ius Italiae, lanciato dagli azzurri, sembra tranchant: «La ricetta per i prossimi anni non è concedere più cittadinanze o regalarle più facilmente, la priorità per la Lega e l’Italia dovrà essere quella di poter revocare la cittadinanza a quelli che delinquono in casa nostra». Il Capitano parla anche di manovra. «Se qualcuno deve pagare qualcosa in più, paghino i banchieri. Il nostro obiettivo è abbassare le tasse alle partite Iva e aumentare gli stipendi ai lavoratori».

 

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