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Pd, Fiano critica i compagni: “Da sinistra mai una parola sui missili di Hezbollah su Israele”

Christian Campigli

«Chi nelle sinistre non è capace di dire che il 7 ottobre è stato un atto di terrorismo disumano, sadico, non paragonabile alla resistenza antifascista e antinazista dà un’interpretazione della storia che è incompatibile con la mia». Emanuele Fiano, già parlamentare del Pd, è da sempre in prima linea contro i rigurgiti di odio nei confronti del popolo ebraico.

Esiste un problema di antisemitismo all'interno della sinistra?
«Esiste un problema gravissimo di antisemitismo con una progressione che da decenni è legata all’evolversi della vicenda mediorientale. Io sono contrario a questa continua caccia all’antisemitismo di sinistra, ma sono senza scrupoli quando individuo nella mia parte politica atteggiamenti equivoci. Criticare Benjamin Netanyahu per le sue scelte e per le azioni del suo governo non è antisemitismo, ma dare giudizi su Israele usando un metro diverso da quello che si usa per gli altri può diventarlo. Lamento che a sinistra fino al 7 ottobre nessuno abbia mai detto una parola sulle decine di migliaia di missili lanciati da Hamas su Israele e dopo il 7 ottobre, da Hezbollah su Israele».

Perché, a suo avviso, il Pd non riesce a far i conti con l'antisemitismo e a dire una parola definitiva sul tema?
«Non vi sono dubbi che il Pd lotti contro l’antisemitismo. Non ci sono mai state partecipazioni del Pd a nessuna delle manifestazioni Propal. Il Pd è per due popoli due stati, come il sottoscritto, è durissimo nelle sue critiche a Netanyahu e chiede da sempre un cessate il fuoco, questo in alcuni momenti ha raffreddato la relazione come le comunità ebraiche forse, ma sarebbe un errore da entrambe le parti se questo perdurasse».

 

  



Sabato, a Roma, antagonisti e anarchici hanno messo a ferro e a fuoco la città. Quali sono le soluzioni da adottare per evitare che certi episodi possano ripetersi?
«Le manifestazioni non si devono vietare, salvo però che le autorità di Pubblica Sicurezza non abbiano già notizie di pericolo per l’ordine pubblico o di commissione di reati, quali per esempio l’apologia di terrorismo. Nel caso del 5 ottobre era evidente, anche dopo il defilarsi della rappresentanza palestinese ufficiale, che in quella manifestazione non autorizzata non ci sarebbero state solo parole di pace, e strette di mano».

 



A Milano un osceno cartello ha offeso, pubblicamente, Liliana Segre. In che incubo siamo finiti?
«Il cartello su Liliana Segre, per me quasi una zia essendo stata come mio padre ad Auschwitz, è un pericoloso cartello antisemita, che individua Liliana come obiettivo, offrendola in pasto a chi già la obbliga a vivere a 93 anni sotto scorta per la sola colpa di essere sopravvissuta al Lager e individuando una colpa il suo rifiutarsi di chiamare la drammatica guerra di Gaza con il suo spaventoso costo di vite umane, “Genocidio”, rivendicando di conoscere lei bene cosa sia un Genocidio. Un Genocidio è prima di tutto il progetto di eliminare un popolo completamente, mai nessun leader o politico israeliano ha professato questa intenzione, mai. Sta succedendo questo ai palestinesi? A questo si riferisce l’opinione di Liliana Segre. No, non sta succedendo questo. Sono due cose diverse».

Università boicottate per giornalisti «amici di Israele», imam che parlano di sostegno ai terroristi. Come si possono combattere simili fenomeni?
«Viviamo in una democrazia liberale, chi impedisce ad altri di parlare o inneggia alla commissione di un delitto come il terrorismo va perseguito per legge».