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Conte strappa con Schlein: "Il campo largo non c'è più"

Mira Brunello
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La parola fine ovviamente la mette Giuseppe Conte. Il leader del M5S, ieri a Porta a Porta con Bruno Vespa, tira le conclusioni di una stagione assai agitata: «È chiaro che nel momento in cui diciamo che si è aperta una ferita, con questa bomba esplosiva» rappresentata dal leader di Iv Matteo Renzi «che viene messa in questo campo largo che non esiste più - lo certifichiamo da ora - e dal Pd e dalla sua segretaria Schlein abbiamo la risposta "io non faccio polemiche", allora c’è qualcosa che non va. Non c’è la consapevolezza da parte del gruppo dirigente attuale del Pd che stiamo ponendo un problema serio».

Insomma una vera e propria dichiarazione di guerra, che scoppia per il coinvolgimento di Italia Viva nell’alleanza, ma che va a colpire direttamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Una scossa che inevitabilmente riduce in frantumi gli schemi di alleanza previsti per le elezioni regionali di autunno, oltre alla Liguria, anche Umbria ed Emilia Romagna. E proprio nella regione governata fino a ieri da Stefano Bonaccini, Matteo Renzi conferma: «Noi ci siamo già. Presenteremo i nostri candidati, con il nostro simbolo». Esattamente quello che il M5S ha impedito in Liguria, con il veto al dem Andrea Orlando di accogliere in coalizione la lista centrista, con al suo interno esponenti di Italia Viva non apertamente dichiarati. Storia di un’amore mai sbocciato quello tra Elly e Giuseppi, anche se nei primi tempi lui ha provato in tutti i modi ad imporsi. Il modello privilegiato dell’ex Presidente del Consiglio per forza di cose è stato quello sardo, lui decide il candidato, il Nazareno raccoglie i voti. In caso contrario, l’alleanza viene messa in discussione, cosa che avviene in Basilicata, dove alla fine si impone il candidato di centrodestra. I più ottimisti speravanodi aver chiusola conflittualità con i risultati delle elezioni europee, il Pd davanti ed il M5S staccato di molti punti. Solo qualche settimana di tranquillità e le ostilità invece ripartono con la partita del cuore a metà luglio, quel passaggio dell’ex sindaco di Firenze, che a Conte proprio non va giù. Il resto è storia di questi giorni, il voto parlamentare sul Cda Rai, con il M5S che incassa il consigliere Alessandro Di Majo, ed il Pd rifugiato nell’Aventino, il crescendo ligure, risolto con un diktat da Giuseppe Conte, proprio alla scadenza della presentazione delle liste. Prova a reagire il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia: «Il campo largo non è mai esistito, esiste il centrosinistra ed esiste il Partito democratico che avendo ottenuto il 24% nelle ultime elezioni europee sente sulle spalle la responsabilità di guidare un processo politico alternativo alla destra». Che è come dire a Campo Marzio (sede romana del movimento), rispettate le gerarchie Dagli studi di Porta a Porta, risponde a Conte anche un altro esponente di peso del Nazareno, il deputato Marco Furfaro: «Ogni volta che l’opposizione si spacca, festeggia il governo. Quando Conte dice che non vota con il Pd, io mi rattristo, penso che Giorgia Meloni sia felice.

Non si può decidere in un salotto televisivo se fare un'alleanza o no, lo decidono gli elettori, non si possono usare i territori per fare battaglia politica». Eppure esattamente è quello che succederà già nei prossimi giorni, nelle Regioni che andranno al voto tra la fine di ottobre e novembre. Lo ricorda la renziana Maria Elena Boschi che mette il dito nella piaga: «Siamo in giunta con Bonaccini, avevamo il nostro simbolo alle Regionali in sostegno di Bonaccini e lo faremo con De Pascale, che è il nostro candidato, insieme al Pd, alle prossime regionali». Pensino a cambiare nome è invece la proposta del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri: «Il campo largo è sempre più un camposanto. Conte certifica che questa ammucchiata contro il centrodestra non esiste più, resta soltanto una somma di rancori».

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