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Nel mirino degli spioni: così nasce il dossier sui 49 milioni alla Lega

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Rita Cavallaro e Dario Martini
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La manina degli spioni sul Carroccio per montare le inchieste sui 49 milioni di fondi elettorali. Nelle nuove carte della Procura di Perugia c’è un vero e proprio dossier, denominato «Lega nord», confezionato dopo l’exploit di Matteo Salvini alle Politiche del 4 marzo 2018 e acquisito agli atti dal procuratore Raffaele Cantone, con una richiesta inviata a Giovanni Melillo, il numero uno della Dna che fin dal suo arrivo aveva rilevato il colabrodo delle Sos sotto l’era del predecessore Federico Cafiero De Raho. Si tratta di una relazione del gruppo comandato dal finanziere Pasquale Striano, responsabile del verminaio delle intrusioni illecite al sistema analisti sui politici di centrodestra, trasmessa al supervisore Antonio Laudati, l’ex pm indagato in concorso con l’investigatore e tre giornalisti di Domani per accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto. Striano e Laudati, inoltre, rispondono pure di falso e abuso d’ufficio, perché, secondo l’accusa, avrebbero preparato atti d’impulso indicando falsamente l’origine delle investigazioni nella richiesta di apertura dei dossier pre-investigativi, che il procuratore capo disseminava poi ai magistrati d'Italia per l'avvio di fascicoli.

Tra i dossier inviati appunto alle procure di Bergamo, Milano, Genova e Roma quando Salvini era titolare del Viminale nel Conte 1, c’è la relazione del gruppo di Striano, in cui viene delineata la cronistoria di quell’inchiesta sui 49 milioni della Lega, partita non appena il segretario del Carroccio fu designato nel ruolo di ministro e l’attenzione mediatico-giudiziaria su Salvini era alle stelle. Non è un caso che la prima Sos, ritenuta illegale, setacciata da Striano e inviata a Giovanni Tizian per L’Espresso, il settimanale che ha avviato l’inchiesta giornalistica contro il partito, riguardi Angelo Lazzari, definito «il manager dei misteri finanziari della Lega». Un nome che è contenuto nel rapporto del gruppo Sos, la squadra che sotto il comando di Striano ha controllato decine di nominativi di leghisti e società, tra cui Andrea Manzoni e Alberto di Rubba, rispettivamente direttore amministrativo e revisore legale del gruppo Lega - Salvini premier alla Camera e al Se- nato. Due «pedine fondamentali per gli interessi delle operatività economiche-finanziarie del partito politico Lega nord», scrive Striano, il quale nell’oggetto del dossier indica «approfondimenti elementi informativi provenienti da una Fiu estera».

L’investigatore, insomma, specifica che l’origine degli accertamenti finanziari arrivava da una segnalazione estera, proveniente da San Marino, che l’unità di intelligence finanziaria avrebbe mandato alla Dia il 29 agosto di quell’anno, indicando «una serie di elementi informativi su dei nominativi, partendo da un input giornalistico (notizie stampa), riguardanti flussi finanziari correlati al partito politico della Lega nord», si legge, «apprendendo dalle stesse di un possibile collegamento che tali flussi avrebbero con una società fiduciaria lussemburghese, non meglio specificata, riconducibile all’ex presidente del Cda della banca sammarinese denominata Cis Spa».

Spuntano dunque i nomi degli attenzionati dagli spioni, proprio quelli oggetto degli accessi abusivi di Striano e i cui documenti sono stati inviati ai giornalisti. La relazione prosegue intrecciando conti e flussi di denaro, ma riguardo all’ipotesi del possibile collegamento con la fiduciaria sottolinea che «la Fiu straniera tiene a precisare che, dall’analisi delle trascrizioni registrate sui rapporti di c/c dei predetti soggetti, le stesse movimentazioni non apparirebbero correlate ai fatti appena ipotizzati». Insomma, non è chiaro su che basi sia partita la segnalazione da San Marino, perché viene riportata quale origine generiche notizie stampa, ma si scopre che alcune segnalazioni per operazioni sospette finite sotto la lente di Bankitalia sarebbero state attivate «dalla procura di Genova in data 26.03.2018 e successivamente in data 12.06.2019». Data, quest’ultima, in cui l’allora procuratore De Raho aveva trasmesso il dossier Lega. Proprio nel momento di massimo accerchiamento del segretario del Carroccio, che con la sua politica da ministro dei porti chiusi era sotto attacco mediatico, politico e giudiziario. E quando l’ex capo dell’Anm Luca Palamara diceva in chat, al procuratore di Viterbo Paolo Auriemma, che anche se Salvini non sbagliava, «comunque bisogna attaccarlo».

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