campo minato
Mastella, sinistra compatta contro Calenda: primo sì all'inchiesta per diffamazione
Più che un campo largo, è un campo minato. C'è il sì della Giunta per le immunità del Senato all’autorizzazione a procedere nei confronti di Carlo Calenda, il segretario di Azione querelato per diffamazione da Clemente Mastella per un post su Twitter dell’aprile scorso, durante la campagna elettorale per le elezioni europee. La proposta della relatrice Ada Lopreiato (M5s) è stata votata dai senatori del Movimento 5 stelle, del Partito democratico, di Alleanza Verdi e Sinistra e di Italia viva. Quelli della maggioranza si sono invece astenuti. La questione passa ora all’esame dell’Aula di Palazzo Madama. Al centro della questione c’è un tweet di Calenda, lanciato in rete nei giorni in cui si presentavano le liste dei candidati alle elezioni europee. Il leader di Azione commentò le voci intorno alle candidature di Stati Uniti d’Europa (lista che univa Italia Viva e +Europa) con dure parole: “Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei”. “Questo pariolino viziato che gioca a fare il bulletto mediatico non può permettersi di associare il mio nome e la mia storia politica alla mafia”, replicò Mastella.
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"Deve essere il giudice a stabilire se Carlo Calenda ha commesso il reato di diffamazione aggravata nei confronti di Clemente Mastella con il suo post social in cui, secondo il querelante, ha accostato la sua persona alla mafia. Mai come in questo caso mancano del tutto i presupposti per riconoscere l’insindacabilità prevista dall’articolo 68 comma 1 della Costituzione", ha affermato la senatrice M5S Ada Lopreiato, relatrice nel dossier nella Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato. "Non c’è alcun atto parlamentare, né contestuale né immediatamente precedente o successivo - ha aggiunto - nel quale il senatore Calenda tratti la questione affrontata nel post, quindi all’esterno delle aule parlamentari. La Corte costituzionale ha sempre ribadito che un collegamento con le attività politiche non è in alcun modo sufficiente a radicare la prerogativa di cui all’articolo 68. Tantomeno è possibile estendere l’ambito di applicazione dell’insindacabilità oltre i limiti dell’articolo 68. Nella giunta dopo un iniziale indirizzo unanime abbiamo assistito ad alcuni sbandamenti della maggioranza, tra difese che somigliavano ad arrampicate sugli specchi e votazioni diverse da quanto annunciato nella dichiarazione precedente. Ma alla fine la relazione che ho proposto è passata e con quella andremo in aula".