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Dossieraggio, obiettivo Salvini: ecco come gli spioni colpivano la Lega

Rita Cavallaro
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Dall’ombra della ’ndrangheta all'estate del Papeete, fino agli affari con la Russia. È l'ossessione degli spioni per la Lega, come emerge dai nuovi atti dell'inchiesta dossieraggio, in cui sono riportati tutti gli accessi abusivi che il finanziere Pasquale Striano ha perpetrato dal 2018 al 2022, setacciando su richiesta i nomi dei big del partito di Matteo Salvini per fornire ai giornalisti de L'Espresso-Domani i documenti riservati per le loro esclusive. Una marea di inchieste, per addensare le ombre sul Carroccio e minare la credibilità di una forza politica che, in quel frangente, stava vivendo un momento cruciale. E le intrusioni spasmodiche del capo del verminaio dell'Antimafia iniziano proprio con l'exploit di quel 17,4 per cento alle Politiche che aveva consacrato Salvini come il leader più amato del centrodestra. Nella mostruosa documentazione inviata da Striano al cronista Giovanni Tizian, ben 337 documenti coperti da segreto, una cospicua mole riguardano appunto file sui 38 esponenti della Lega, il partito più dossierato.

 

 

La prima Sos, consultata abusivamente il 21 maggio 2018 e trasmessa immediatamente all'amico giornalista, è denominata «Lazzari» o, come lo definisce il team di spioni, «il manager dei misteri finanziari della Lega». Inizia così l'operazione Russiagate, il pallino della centrale del dossieraggio, che si protrae fino allo scoppio dello scandalo. E si affianca a una serie di articoli tesi a gettare l'ombra delle 'ndrine sul partito di Salvini, in un fantasioso intreccio per coinvolgere diversi esponenti del Carroccio con personaggi di spicco della mala. Dal boom dei consensi a Rosarno, roccaforte dei clan Pesce e Bellocco, ai sei file inviati da Striano a Tizian, con oggetto «pagliuso... troverai omonimi». Ma il Pagliuso che interessa al cronista è Antonio, un nome pesante perché ritenuto un affiliato della 'ndrangheta, immischiato nel giro della droga. Nell'informativa inviata dallo spione c'è la ricetta giusta per confezionare il dossier, poiché ci sono le intercettazioni che lo registrano mentre Salvini è in tour in Calabria per festeggiare la vittoria elettorale del 4 marzo 2018. Pagliuso dice di avere votato per il candidato Domenico Furgiuele e aggiunge di essersi recato nell’abitazione del fratello del politico «il giorno prima che venisse Salvini».

 

 

Sono numerose le intrusioni illecite di Striano con relativa trasmissione degli atti riservati sulla questione dei 49 milioni a Tizian, che a febbraio 2019 firma insieme all'altro indagato Stefano Vergine «Il libro nero della Lega», un volume in cui, oltre al caso dei rimborsi elettorali di Umberto Bossi, gli autori ripercorrono la vittoria elettorale di Salvini che, «per sfondare al Sud si è circondato di personaggi equivoci». Per mandare avanti la campagna di fango contro la Lega, il finanziere spione ha compulsato ossessivamente i nomi degli esponenti di spicco del partito e tirato fuori dal cilindro Gianluca Savoini proprio nell'estate del Papeete, quando Salvini e la sua politica dei porti chiusi avevano portato l'allora ministro dell'Interno a finire nel mirino della magistratura, come dimostra la chat di Luca Palamara con il procuratore capo di Viterbo, Paolo Auriemma, proprio riguardo alla linea politica del Viminale sugli sbarchi. Se Auriemma sottolineava di non vedere «dove Salvini stia sbagliando», Palamara rispondeva: «Comunque va attaccato». Un attacco congiunto, politico, giudiziario e mediatico, che ha portato alla trappola del Papeete, con la caduta del Conte 1. E a un'ossessione morbosa di Striano & Co, finita solo quando la denuncia di Guido Crosetto ha scoperchiato il vaso di Pandora dell'Antimafia.

 

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