harakiri completato

Campo largo, l’harakiri è realtà. E ora scatta il tutti contro Schlein

Mira Brunello

In fondo è la stessa storia, genialità e perversione, numeri e capacità che Matteo Renzi possiede in abbondanza. Insieme all’intuito che gli consente di bruciare tutti sul tempo ed alla costante sottovalutazione dei rischi che possono incombere per strada. È andata così anche stavolta. Per più di un anno, l’ex presidente del Consiglio ha tentato di erodere il consenso del Pd, per rafforzare la sua scialuppa centrista. Diceva: «Il partito di Elly Schlein non è più il Nazareno che ho frequentato io». Le percentuali, però, non si sono mosse, la casa «madre» non è venuta giù come profetizzava, per ultimo anche alle recenti amministrative di Firenze, la sua città. Insomma una situazione insostenibile per un leader poliedrico, un incubo per un ragazzo toscano cresciuto con il mito del calcio totale di Eric Cantona, tutto meno che l’irrilevanza. Il momento giusto per sfoderare un altro colpo di genio. Che, come sempre, spiazza tutti.

 

  

 

La storia è nota: a metà luglio, il leader di Italia Viva comunica la conversione a U. «Scelgo il campo largo, sto con Elly Schlein», e con la sua abituale maestria, proprio quando la segretaria del Pd trascorre le sue blindatissime vacanze, occupa gli schermi televisivi, in tre settimane diventa il federatore del centro sinistra. Da quel punto di vista un’estate di «San Martino», perché i «compagni» non è che sprizzino felicità all’idea di averlo di nuovo tra i piedi. In più naturalmente c’è Giuseppe Conte, uno che gliel’ha giurata. Per entrare nella testa del «king Eric» di Rignano, bisogna tenere sempre a mente, che abitualmente gioca su almeno tre tavoli diversi. Così come sono molteplici gli scenari che gli possono tornare utili. Uno è evidente da qualche giorno: Matteo Renzi entra nel campo largo e l’alleanza va in frantumi. Dandogli di nuovo l’opportunità di interpretare un ruolo che adora: il martire che si immola, perseguitato dal cattivo di turno, il leader del M5S che in Liguria lo ha «costretto» alla resa. La deflagrazione del campo largo offre al fondatore di Italia viva altre due opzioni.

 

 

La prima è quella di allontanare i 5 stelle dall’alleanza, il fiorentino avrebbe solo accelerato un finale già scritto, facendo esplodere tutte insieme le contraddizioni che persistevano. L’uscita di scena di Conte inevitabilmente metterebbe in soffitta anche il più ostinato dei veti ed Elly sarebbe costretta a diventare la «partner» ufficiale del suo ispiratore alla partita del cuore. Risultato infausto per la segretaria del Pd, ma non per l’ex sindaco di Firenze, che avrebbe buon gioco a pretendere percentuali più ricche per i «listini» alle elezioni del 2027. Per Renzi, paradossalmente, andrebbe bene anche il risultato opposto: Conte resta ancorato al Nazareno, i veti contro Italia Viva resistono. In quel caso tornerebbe in scena il «martire» terzista, che sarebbe stato di centro sinistra, ma il centro sinistra non l’ha voluto. Fantapolitica? Può darsi, in realtà con l’ex presidente del Consiglio tutto è possibile. L’unica certezza è che appena si aprirà un varco, anche in una direzione opposta a quella perseguita fino ad oggi, lui sarà il primo a percorrerlo. Come il mitico attaccante del Manchester, dove c’è una porta, lui prova a violarla. A costo di fare autogol.