processo Open Arms
Open Arms, per Salvini non bastavano 6 anni: le parti civili gli chiedono un milione
Non bastavano i 6 anni di carcere che i pm di Palermo vogliono infliggere a Matteo Salvini per sequestro di persona nell’ambito del processo Open Arms. Ieri è arrivata anche la richiesta di risarcimento delle parti civili: un milione di euro. Il vicepremier, e leader della Lega, ci ride (amaramente) su: «È una follia, sembra "Scherzi a parte", ma non fa ridere». E pubblica un post con una grande scritta: «Vergogna». Gli avvocati delle parti civili, però, sono convinti delle ragioni, che motivano così: «Una condotta disumana», «Un atteggiamento marcatamente politico ed elettorale», «Ha sacrificato la dignità dei naufraghi».
I fatti - occorre ricordarlo - risalgono all’agosto del 2019, e riguardano lo sbarco di 147 migranti a bordo della ong Open Arms, con il Viminale che aveva bloccato l’ingresso in porto nell’attesa che gli altri Paesi europei si facessero carico di una quota di immigrati. I legali di parte civile parlano tutti, per una ventina di minuti ciascuno. Alcuni rappresentano gli stessi naufraghi, ma anche associazioni, tra cui Legambiente, Arci, Giuristi democratici, Sud Sud e altre. La sola ong Open Arms chiede la somma di 380mila euro. Gli altri dai 30 ai 50mila euro ciascuno. «Tutte le parti civili si sono riportate alle richieste che la Procura ha fatto in modo molto argomentato sia sulla ricostruzione dei fatti, sia sulle disposizioni giuridiche che sono state violate dell’imputato. Noi confidiamo sulla pronuncia del Tribunale, riteniamo che ci siano tutte le condizioni per affermare la responsabilità penale dell’allora ministro dell’Interno». Sono le parole dell’avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile di Open Arms, parlando con i giornalisti durante una pausa del processo. «Sono emerse anche le vicende terribili di chi è stato ostaggio sulla nave per tanti giorni in condizioni disumane, persone che venivano da realtà infernali nei loro percorsi migratori soprattutto dai campi libici che sono luoghi di tortura - dice - In Italia si sono ritrovati ad aspettare per quello che era un atto dovuto come prevedono le convenzioni internazionali e la legge italiana».
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La replica del vice premier Salvini, però, non tarda ad arrivare: «Io non vedo - ribadisce nella puntata di "Cinque Minuti", il format di Bruno Vespa - perché dovrei dimettermi. Ritengo di avere mille difetti, ma chiesi agli italiani il voto per difendere i confini. Abbiamo risolto il problema dell’immigrazione clandestina, salvato vite, risparmiato ai nostri concittadini migliaia e migliaia di reati. Non pretendo una medaglia, ma finire in galera questo anche no. L’opposizione è quella che mi ha mandato a processo. Pd, M5S e Renzi sono quelli che hanno detto Salvini bisogna mandarlo in galera. Io non avrei mai fatto una cosa del genere nei loro confronti, ma ognuno è fatto a modo suo». Il processo, intanto, è stato rinviato al 18 ottobre per le arringhe difensive. Poi il Presidente Roberto Murgia indicherà un’altra data per le eventuali repliche e la Camera di consiglio. Tra fine ottobre e inizio novembre.