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Dossier, così De Raho prova a bloccare le audizioni di Striano e Laudati

Rita Cavallaro
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La parabola di Federico Cafiero De Raho, l’ex procuratore che comandava sul verminaio dell’Antimafia e che ora cerca di tenere lontani da Palazzo San Macuto i suoi spioni indagati. Come se non fosse già imbarazzante per l'ex capo della Dna sedere da vice presidente nella Commissione parlamentare che, ormai da mesi, indaga sul dossieraggio a via Giulia, ordito dal finanziere Pasquale Striano e dall'ex pm Antonio Laudati, indagati in concorso con i giornalisti di Domani per accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto. Un team di spioni che, dal 2018 al 2022, si muoveva sotto gli occhi di De Raho. Il quale giura di non essersi mai accorto di quell'attività illegale che si consumava nel tempio della legalità, a differenza del suo successore Giovanni Melillo, che invece quando è arrivato a via Giulia si è messo le mani nei capelli. E ha messo mano al colabrodo delle Sos, con linee guida così stringenti da mandare su tutte le furie Striano, il comandante che si lamentava di non riuscire più a fare «il grande investigatore» per colpa della nuova gestione. Circostanza che, quantomeno, dovrebbe far arrossire non poco l’ex procuratore pentastellato, visto che farebbe emergere se non altro come la gestione di De Raho abbia fatto acqua da tutte le parti.

 

 

 

Invece l’ex capo di via Giulia non solo non mostra imbarazzo né vede il conflitto di interessi, ma addirittura, forte del suo ruolo di vice presidente della Commissione, cerca di evitare che Striano e Laudati vengano auditi a Palazzo San Macuto, come vorrebbe invece il centrodestra che, sul dossieraggio, intende andare fino in fondo. «Non mi sembra opportuno che la commissione ascolti due indagati che davanti al magistrato si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Legittimo, per carità.Ma se rifiutano di rispondere a Cantone, che è il titolare delle indagini e conosce a fondo l'inchiesta, non è il caso che vengano qui in Parlamento», ha detto De Raho a La Stampa, scatenando un polverone. Una dichiarazione sconcertante, non solo sul piano politico ma anche perché a pronunciarla è un ex magistrato, che, anziché esortare Striano e Laudati a dire la verità, dà forza, e legittimità, alla scelta dei due spioni di rimanere in silenzio davanti al procuratore Raffaele Cantone. Poco conta che la loro decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere risalga al marzo scorso e che, da allora, gli approfondimenti hanno configurato un impianto accusatorio fatto di gravi indizi e di risultanze contenute nelle 3mila pagine arrivate proprio alla Commissione di cui De Raho è vice.

 

 

Ma il pentastellato, così come il Pd che dal dossieraggio non è mai stato toccato, non pare intenzionato ad avere davanti a sé le due persone che potrebbero chiarire il sistema di cui l'ex capo si dice vittima. Due persone che De Raho conosce bene, perché Striano ha lavorato con lui già ai tempi in cui era procuratore a Reggio Calabria e aveva arrestato l'allora ministro del governo Berlusconi, Claudio Scajola. E l’altro, Laudati, era il suo pm che coordinava il lavoro delle Sos, il quale sostiene di essersi «limitato a delegare al gruppo Sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo». Che all’epocaeraappuntol'attuale vicepresidenteDeRaho.Autore di un elogio a Striano da categoria 5 stelle. «Pasquale Strianohaevidenziatonotevoli doti di riservatezza e lealtà, un’elevata e approfondita preparazione tecnico-professionale, piena disponibilità e alto senso del dovere, instaurando ottimi rapporti interpersonali sia con i magistrati dell’ufficio che con il restante personale amministrativoe delleforze di Polizia». E ancora. «Ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito delle attività pre-investigative poste in essere dal predetto gruppo di lavoro, circostanziate si nello svolgimento di delicate analisi operative nel settore delle segnalazioni per operazioni a contrasto della criminalità organizzata, permettendo allo stesso Procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla legge. Sorretto da altissimo senso del dovere e della disciplina...moralmente irreprensibile,leale e rispettoso...meritevole di vivissimo apprezzamento, convinta e incondizionata lode».

 

 


 

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