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Ucraina, l'Ue va alla guerra ma l'Italia dice no. E il Pd si spacca

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Mira Brunello
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A Strasburgo va in scena la fragorosa dissoluzione del campo largo, che sull’Ucraina vota in quattro modi diversi. L’assemblea plenaria del Parlamento Europeo infatti era chiamata ad approvare una risoluzione sul sostegno militare all’Ucraina, compreso il controverso articolo 8 sullo stop alle restrizioni all’uso delle armi inviate a Kiev per colpire in Russia. Il voto finale, sul sostegno generale a Kiev, vede schierati per il sì Fratelli d’Italia, Forza Italia, e il Pd (con l’eclatante eccezione di due pupilli della segretaria Elly Schlein: Cecilia Strada e Marco Tarquinio che si sono astenuti) e quello contrario di M5S, Verdi, Sinistra Italiana e Lega. La risoluzione passa con 425 sì, 131 no, 63 astenuti. Invece, sull’articolo 8 (l’uso delle armi occidentali per colpire il territorio russo) in pratica tutti gli eurodeputati italiani (meno i due dem Gualmini e Picierno e Salini di Forza Italia), votano in scia con la posizione assunta dal governo, contrari all’eliminazione del divieto.

Una posizione anticipata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Noi oggi voteremo "no" al Parlamento europeo all’emendamento che prevede l’utilizzo delle armi al di fuori del territorio ucraino, in sintonia con quello che ha sempre deciso il governo e anche in sintonia con le scelte del Consiglio Affari Esteri che non ha approvato la proposta di Borrell di usare le armi al di fuori del confine ucraino».
Quindi la stragrande maggioranza degli italiani votano contro, ma l’articolo passa con con 377 a favore (Ppe escluso Forza Italia, S&D escluso il Pd ed i liberali di Renew Europe), 191 contrari e 51 astenuti.
Va in pezzi il campo largo, si rompe la pax del Nazareno, e si infrangono i sogni di alternativa a Giorgia Meloni della segretaria Pd. Per riassumere: M5S ed Avs votano contro tutto (con il mezzo sostegno di due dem che si avvicinano alle posizioni della sinistra intransigente), il Pd entra in totale confusione, con almeno quattro linee diverse. Sulle armi occidentali, come detto, due dem votano a favore: la vice presidente Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini. Un terzo non era in aula ma avrebbe votato come loro, l’ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori. In 8 hanno scelto di votare contro: Camilla Laureti, Annalisa Corrado, Alessandro Zan, Sandro Ruotolo, tutti vicini alla segretaria Elly Schlein, il capodelegazione Nicola Zingaretti, oltre a Antonio Decaro, Matteo Ricci e Brando Benifei. In 9 non hanno partecipato al voto: Stefano Bonaccini, Raffaele Topo, Giuseppe Lupo, Alessandra Moretti, Irene Tinagli, Pierfrancesco Maran, Dario Nardella.

Una babele che si era già materializzata a Cernobbio durante il Forum Ambrosetti: in una sessione dei lavori a porte chiuse, Elly Schlein, Giuseppe Conte e Carlo Calenda se le erano date di santa ragione. In mezzo, stritolata, la segretaria che fa il pesce in barile, manda in avanscoperta i prediletti Cecilia Strada e Marco Tarquinio che di fatto sono sulla linea del M5S, dall’altra cerca di rimanere vincolata alla posizione del gruppo socialista.

Ancora più evidente la solitudine dell’area riformista, quella che fa riferimento all’ex ministro della difesa, l’atlantista Lorenzo Guerini. In più un gruppone di parlamentari (in cui spicca l’ex presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini) che non si esprime, in attesa di capire che cosa succederà al Nazareno. Una lacerazione che si replica anche sul Medio Oriente, con la maggioranza del Pd schiacciata sulle posizioni contro Israele (a partire dal responsabile Esteri Peppe Provenzano), ed una minoranza che con il senatore Filippo Sensi ha costituto l’associazione Sinistra per Israele.
La situazione non migliora nei rapporti con la nuova commissione Ue: maggioranza dem denuncia una svolta a destra, la minoranza annuncia di votare per il commissario italiano Raffaele Fitto, naturalmente Conte ed i gemelli Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni contrari a tutto.

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