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Pd traFitto, Meloni vince in Europa

Pietro De Leo
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Tutto confermato dalle indiscrezioni trapelate qualche giorno fa. Ursula von der Leyen ha ufficializzato ieri la sua Commissione «bis» e l’italiano Raffaele Fitto, ministro degli Affari Europei ed esponente di Fratelli d’Italia, sarà vicepresidente esecutivo, si occuperà Coesione e Riforme e cogestirà la delega Pnrr insieme al popolare lettone Valdis Dombrovskis. Fitto, spiega la presidente, «porterà la sua grande esperienza per modernizzare e rafforzare gli investimenti per la coesione e le politiche di crescita». E ha sottolineato che «l’Italia è un Paese molto importante e ciò si deve riflettere anche nella scelta».

E proprio sulla centralità del nostro Paese, e la necessità di tutelarne gli interessi, si concentra la gran parte delle dichiarazioni politiche nel centrodestra. A partire dai tre leader. La nomina di Fitto, affermala presidente del Consiglio Giorgia Meloni, numero uno di Fratelli d’Italia, «conferma il ritrovato ruolo centrale della nostra Nazione in ambito Ue. L’Italia torna finalmente protagonista in Europa». E in serata da Vespa aggiunge: «A Fitto un ruolo di peso perché l’Italia vale», per poi lanciare un messaggio alle opposizioni: «Fitto supererà l’esame, ma l’Italia sia compatta perché nella Ue ogni partito ha un suo peso».

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito questa novità «un’ottima notizia che conferma la credibilità e il ruolo di peso che l’Italia svolge e continuerà a svolgere in Europa». Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e segretario leghista, rivendica la certezza che Fitto «saprà portare avanti gli interessi dell’Italia con buonsenso e correttezza». Dunque, l’Italia incassa una casella importante e i fatti spazzano via tanti retropensieri trapelati nei giorni scorsi.

Uno su tutti: von der Leyen avrebbe dato il suo assenso a Fitto vicepresidente esecutivo per dare prova di buona volontà, ma poi l’avrebbe fatto schiantare sul muro di socialisti e macronisti.
Non è andata così, il muro c’è stato, la presidente della Commissione ha tenuto il punto, attribuendo all’Italia deleghe importanti (la coesione, spiegavano ieri fonti di Palazzo Chigi, vale 378 miliardi). Anzi, ieri ha affermato: «Il Parlamento Europeo ha 14 vicepresidenti, due sono di Ecr (famiglia europea cui appartiene Fratelli d’Italia, ndr). Ne ho trattole conseguenze perla composizione della commissione». E a domanda sui dissensi del blocco di centrosinistra, ha replicato: «Dovete chiedere a loro».

Posizioni politiche che dimostrano come la fase di subalternità del blocco guidato da Scholz e da Macron continui dopo le elezioni. La centralità delle due famiglie socialista e «liberale», infatti, si localizza tra la Berlino del cancelliere socialdemocratico e la Parigi dell’inquilino dell’Eliseo. In entrambi i casi, però, le debolezze sul piano interno continuano a proiettarsi nella dimensione europea. Scholz ha subito una manciata di giorni fa la debacle del partito socialdemocratico in Sassonia e in Turingia, lander dove le elezioni hanno decretato l’impennata di consenso per forze antisistema. Macron è alle prese con una gestazione del governo molto faticosa, soltanto dopo mesi è riuscito a indicare un primo ministro, l’ex commissario Ue Barnier, ma sull’avvio dell’esecutivo è tutta un’incognita. Va ricordato, peraltro, che l’unico vero incidente alla vigilia dell’ufficializzazione della Commissione Ue si è avuto proprio con quello che sarebbe dovuto essere il componente francese Thierry Breton, sostituito poi da Stephane Sejourne. La debolezza di questi due blocchi, vede invece come contraltare la vitalità delle forze di centrodestra.

La Commissione vede una «maggioranza relativa» di esponenti del Partito Popolare Europeo, che insieme ai componenti di Ecr (Fitto) o indipendenti ma comunque espressi da governi di centrodestra crea una condizione favorevole. La dinamica che ha portato all’indicazione di Fitto ha avuto un chiaro midollo politico: il leader del Ppe Manfred Weber, con un ruolo di mediazione di Antonio Tajani, ha assicurato la sponda e l’appoggio dei popolari per l’esponente meloniano. Questo potrebbe aprire una fase nuova, anche nella formazione di maggioranze mobili nell’Europarlamento che, su vari dossier, potrebbero vedere avvicinarsi popolari e conservatori. È già successo nella scorsa legislatura. Stavolta potrebbe accadere più spesso, viste le condizioni del blocco liberal-progressista.

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