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Azione, la grande fuga da Calenda. Che rosica per gli addii di Carfagna, Gelmini e Versace

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Dopo Enrico Costa, anche Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Giusy Versace lasciano Azione. La decisione era nell'aria da giorni, ma il passaggio, tra gli altri, della portavoce e della presidente del partito di Carlo Calenda al gruppo Misto - almeno per ora - fa rumore. “Il mio percorso in Azione si conclude oggi. Ho avuto con Carlo Calenda un confronto sereno e leale e per quanto mi riguarda la stima e la gratitudine nei suoi confronti restano immutati, ma le scelte politiche del movimento a cui ho aderito con entusiasmo due anni fa vanno in una direzione che non posso condividere perché significativamente diversa da quella originaria. Il mio disagio di questi mesi è noto e la decisione di entrare nel campo largo in un’alleanza che comprende il Movimento 5 Stelle e la sinistra di Bonelli e Fratoianni nelle tre regioni che andranno al voto in autunno, mi costringe a prendere atto con rammarico che non posso rimanere", dice Gelmini. "Non provengo dalla sinistra e non intendo aderirvi adesso: ero e resto una moderata popolare e continuerò con linearità le medesime battaglie", aggiunge. A pesare soprattutto la scelta fatta dal partito di Carlo Calenda in Liguria, dove Azione sosterrà Andrea Orlando e non l'attuale sindaco di Genova Marco Bucci.

 

 

In Transatlantico si rincorrono le voci - non confermate - di un possibile approdo della senatrice a Noi moderati, mentre le opposizioni guardano a quello che Gelmini, già da domani, farà in Vigilanza Rai, dove era l'unica parlamentare di Azione. "Apprendo da una nota di agenzia di aver lasciato Azione. E’ una decisione che stavo maturando ma che sentivo il dovere di rendere pubblica in modi più seri e meno estemporanei”, polemizza Carfagna. “Già nell’ultima riunione di gruppo avevo manifestato apertamente il mio dissenso per l’apertura di un dialogo ‘esclusivo’ con la sinistra", precisa e anche Giusy Versace strappa perché, spiega, "il campo largo non può essere la mia casa". "Rispettiamo le scelte personali ma riteniamo grave e incoerente passare dall'opposizione alla maggioranza a metà legislatura contravvenendo così al mandato degli elettori - il lapidario commento di Azione in una nota - Una pratica che contribuisce ad allontanare i cittadini dalla politica. Azione rimarrà invece dove i cittadini l'hanno messa: al centro e all'opposizione del Governo e continuerà a lavorare per costruire un'alternativa ad un bipolarismo fallimentare".

 

 

Dal quartier generale di Calenda provano a vedere il bicchiere mezzo pieno: "Giornata di chiarezza. Erano due mesi che uscivano retroscena non smentiti e che negoziavano con tutto il centro destra in parallelo. Il partito non ne poteva più", la linea. Puntuale arriva però il sarcasmo dei renziani. "La disegregAzione di Azione, dal consiglio comunale di Roma al Senato, è la dimostrazione di come Carlo Calenda abbia distrutto un capitale politico straordinario non per cattiveria ma per totale, incredibile, evidente incapacità politica - scrive su X Francesco Bonifazi, deputato di Italia Viva -. Calenda è un tecnico, può fare il capo di gabinetto, non il capo politico".

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