Open Arms, Movimento 5 smemorati: i grillini firmarono i Decreti Sicurezza, ma l'hanno scordato
Nella requisitoria dei pubblici ministeri palermitani Marzia Sabella, Calogero Ferrara e Giorgia Righi, che hanno chiesto 6 anni per Matteo Salvini nel processo Open Arms, c’è un grande assente: Giuseppe Conte. Sì perché il primo ministro di quel governo, quell’agosto del 2019, era proprio il leader di quel Movimento che aveva firmato quei Decreti Sicurezza e che adesso, dalle pagine social e dei giornali, accusa Salvini di essersi comportato come «un bullo» e il governo Meloni di attaccare la magistratura. «Metteremo fine al business dell’immigrazione» sentenziava Conte alla Camera dei deputati con un Luigi Di Maio che sorrideva soddisfatto alla sua destra. Lo stesso Di Maio che ora preferisce non commentare la richiesta dei pm di Palermo. «Un business che è cresciuto a dismisura sotto il mantello della finta solidarietà» attaccava il Conte smemorato. E il Movimento 5 Stelle è lo stesso che nel suo programma elettorale del 2018 scriveva: «L’obiettivo è quello di arrivare a sbarchi zero entro i prossimi cinque anni. Il Regolamento di Dublino e l’accordo sui migranti hanno trasformato l’Italia nel campo profughi d’Europa».
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Danilo Toninelli, che nel governo gialloverde faceva il ministro delle Infrastrutture, oggi fa il «creator digitale» e sui social spiega, in un’ardua arrampicata sugli specchi, che sì aveva firmato il decreto con cui si vietava l’ingresso alla Open Arms ma solo una volta. «Quando il Tar bocciò quel decreto, Salvini me lo ripresentò sul tavolo e io non lo firmai» ha svelato, solo oggi, Toninelli. Per fortuna qualcuno con un po’ di memoria è rimasto. L’ex ministra della Difesa, nel Conte I, Elisabetta Trenta ha dichiarato che «sei anni mi sembrano troppi, una pena eccessiva per un ministro che ha compiuto una attività nell’ambito del suo ruolo». Il Movimento 5 Stelle adesso è passato nel campo largo e tanto basta per non essere neanche lambito da questo processo. Di più, adesso si trova dalla parte degli accusatori, di chi punta il dito contro Salvini come se loro non ci fossero mai stati in quel governo, come se Salvini fosse stato solo al Ministero, come se quei decreti se li fosse firmati da soli.
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Nel frattempo le opposizioni speculano sul caso e attaccano a spron battuto. L’ultima polemica è sul video dove Salvini spiega le sue ragioni mandato in onda sulla Rai. E chiedono l’intervento dell’Agcom. «Non vi è equilibrio, non vi è garanzia di imparzialità e viene calpestato ogni elementare principio di servizio pubblico. Siamo davvero preoccupati di questo piano inclinato alla vigilia di importanti tornate amministrative a partire dalla Liguria ed intendiamo investire di questa palese criticità anche l’Agcom. Perseverare è davvero diabolico e qualcuno dovrà rispondere di questa mortificazione della Rai» hanno scritto i componenti dem nella commissione di Vigilanza Rai che annunciano di portare anche questo caso all’esame della commissione. Sul piede di guerra anche l’Associazione nazionale magistrati che, in una nota, «esprime solidarietà a tutti i colleghi impegnati nella trattazione del processo a carico del senatore Salvini ed in particolare della Procura della Repubblica di Palermo». Ovviamente non sono mancati gli attestati di solidarietà al ministro. L’ultima, in ordine temporale, è di Gianni Alemanno e Nicola Colosimo, segretario nazionale e vicesegretario del Movimento Indipendenza. «Se Salvini deve essere condannato per aver mantenuto le sue promesse elettorali di fermare l’immigrazione clandestina, allora tutti quelli che lo hanno votato sono corresponsabili. Arrestateci tutti» hanno scritto. Intanto oggi si riunirà il Consiglio federale della Lega per parlare del caso Open Arms. Mentre nei weekend del 21-22 e del 28-29 settembre Salvini ha chiamato a raccolta il popolo leghista; il 6 ottobre c’è anche Pontida.
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